Luglio sta per finire.
Questo mi fa venire a mente
nell'ordine: il famoso console romano che cadde alle idi di marzo,
una vecchia canzone estiva, un ristorante ormai chiuso e che
nell'emisfero australe è inverno.
Qui no, qui è estate, i prati sono
pieni di piccoli rampicanti dai fiori bianchi, le cicale friniscono e
i cani vanno in giro con la lingua penzoloni. I turisti zampettano
allegri, pur non sciamando come gli anni addietro, con gli olandesi
che non rispettano le precedenze, i tedeschi che viaggiano a
centallora come se stessero contrattaccando sulla linea Gustav e gli
inglesi che si infilano contromano pei viottoli.
Gli italiani, in questa particolare
kermesse, si rivelano sempre i peggiori.
Cacofonici, scostanti e presuntuosi,
scialbi e superficiali, ineducati e strafottenti.
In altri giorni mi sarei arrabbiato e
mi sarei guastato il sangue, sbraitando come una muta di Husky
all'indirizzo dei pratesi che parcheggiano nei passi carrabili, dei
fiorentini che guastano i pomeriggi al mare, dei milanesi che
intasano il traffico procedendo a passo d'uomo come se seguissero un
corteo funebre. Mi avrebbero seccato assai tutti questi invasori
patentati, che di solito si comportano come se fossero in vacanza e
che considerano i luoghi di villeggiatura delle colonie d'oltremare
dove tutto è lecito, senza considerare che in queste colonie ci sono
persone autoctone che ci vivono tutto l'anno. Provateci voi, ad
andare a Firenze o Milano a dieci all'ora in pieno centro, e vedrete
cosa succederà.
Ma erano altri giorni, come ho già
detto. Ora sono un uomo più mite, ho scoperto Gesoo e porgo l'altra
guancia, e faccio come il Melandri: non mi arrabbio più.
Ne ho avuto la prova pochi secondi or
sono.
Ve lo narro.
Stavo aspettando l'ora del desinare e
giocavo con una certa qual soddisfazione a World of goo per ingannare
l'attesa. Avevo appena sbloccato l'asse Z e la terza dimensione e mi
accingevo a lanciare piccoli Goo digitali in orbita intorno ad un
pianetino verdognolo quando una tromba squillante come quella che
fece crollare le mura di Gerico mi ha riscosso dal torpore.
Era un CAMIOS,”guidato da qualche
cafone moldavo” ho razzisticamente pensato. Invece boh, non so chi
lo guidasse ma aveva ragione a strombazzare il suo disappunto.
Sotto alla mia magione era parcheggiata
una motocarrozza a scoppio. Era parcheggiata così: abbandonata senza
neppure le canoniche quattro frecce, in mezzo alla carreggiata
dell'Aurelia. Contromano. In mezzo alla strada. In prossimità di una
curva.
Praticamente, roba da fucilazione
immediata senza benda e senza sigaretta.
Intorno alla suddetta vettura il
traffico si trombizzava, ovviamente, dato che la presenza
dell'ingombro abusivo costringeva gli automobilisti a perniciose
quanto azzardate manovre di evasione che interessavano la corsia
opposta, in un gioco di schivate e finte degno dei duelli del Barone
Rosso.
Ho provato un lieve fastidio e la
tentazione di scendere, così, d'amblè, a dirne quattro all'incauta
posteggiatrice, ma poi mi sono trattenuto e mi sono limitato a
mandare una silenziosa maledizione all'indirizzo del di lei treno di
gomme.
Non nascondo che sono rimasto alla
finestra per vedere se qualcuno più iroso del sottoscritto avrebbe
risolto per farsi una giustizia privata di Bronsoniana memoria, ma
non è successo nulla, e la signorina è uscita dal negozio con tutta
calma dopo un quarto d'ora buono, ben tranquilla, ed ha ripreso il
transito della sua esistenza.
Considerazione: sopravvive il più
adatto.
Corollario: il più adatto è colui che
manifesta di avere le doti migliori per sopravvivere in una data
situazione.
Obiezione: così si entra in un circolo
tautologico.
Sempre ragionando con me stesso, che mi
ci trovo bene e di solito evito in questo modo discussioni snervanti
e capziose o fraintendimenti, ho deliberato che si doveva dare
un'adeguata definizione, aggiornata a venerdì pomeriggio del
concetto Darwiniano di sopravvivenza del più adatto.
Chi è il più adatto?
Primo esempio: sopravvive il più
semplice. D'altronde, in tutti i sistemi, le cose tendono a
organizzarsi secondo la configurazione più semplice e col minor
dispendio di energia. Perché noi dovremmo essere da meno? Chi ha
meno pensieri, quelli che vanno in giro col maglioncino legato in
vita e gli occhiali da sole infilati tra i capelli per non far venire
la congiuntivite alle mèsce, si incontreranno, si riconosceranno al
volo e si riprodurranno e faranno tanti piccoli esserini che assomiglieranno in tutto a babbo. Oppure assomiglieranno a Gimmi, ma tanto
anche Gimmi sarà dello stesso calibro del babbo putativo, quindi
poco male.
Secondo esempio: sopravvive il più
puccioso. Ho preso in prestito il termine dallo slèng di noi
giovani. Ad esempio, il fasmide gigante, una simpatica bestiolina
innocua e con la passione per il bridge e i film con David Bowie, sta
per estinguersi nell'indifferenza generalizzata. Questo perché il
fasmide gigante è -a onor del vero- piuttosto ripugnante e non
interessa a nessuno. Se avesse avuto il musetto puccioso di un
gattino o di un cagnolino probabilmente la Brambilla si sarebbe
incatenata alle rocce di qualche isoletta del Pacifico del Sud e noi
ci saremmo liberati in un colpo solo del problema del fasmide e della
di lei presenza.
Corollario: sopravvive anche quello con
il sapore migliore. Quando una razza ha un sapore particolarmente
buono la si alleva e se ne preserva in qualche modo la continuità.
Questo è il motivo per cui la faraona esiste sempre mentre il dodo
no.
Terzo esempio: sopravvive il più
stronzo. A volte essere alti non basta. Come ci insegna Dawkins, in
un gruppo di rane minacciate da un serpente sopravvivono quelle
capaci di salti più adeguati e precisi, dotate di maggior fortuna e
che si fanno meno scrupoli a spingere le compagne tra le fauci
dell'ofide. Per noi è lo stesso. Di solito un'indole vendicativa e
rancorosa è di grande aiuto per la corsa alla sopravvivenza.
Ricordare per secoli un'offesa, e tramandarne il ricordo ai posteri, come fanno
ad esempio i giapponesi, può funzionare da meccanismo di prevenzione e fare in
modo che tale offesa non si ripeta. Facciamo un esempio. Mettiamo che
un tal Cencetti mi abbia creato un qualche incomodo, ad esempio
parcheggiando l'auto sul mio vialetto, trombandomi la moglie o
tentando di avvelenarmi contaminando il mio cibo con elevate
concentrazioni di cadmio. In questi casi biasimevoli, non solo
l'immediata recisione delle principali arterie del sig. Cencetti gli
impedirà nell'immediato di reiterare il suo sconsiderato
comportamento (oltre a procurarci -ammettiamolo pure- una certa
soddisfazione), ma la perpetuazione dell'odio nei confronti del suo
discutibile patrimonio genetico permetterà altresì alla nostra
progenie di guardarsi nei secoli a venire da quella stirpe bacata che
sono i Cencetti, sempre pronti a qualche malefatta ai nostri danni.
In questo particolare caso, quello
della sopravvivenza del più cattivo, c'è da considerare anche il
fatto che più la cattiveria si affina più si fa efficace, fino ad
arrivare al punto di essere completamente ed incontroveritibilmente
sicura e garantita al limone nel suo successo.
Io per esempio ho cercato di tutelarmi
in questo senso.
Posto il fatto che non si può
pretendere di essere contemporaneamente buoni ed equilibrati, o si
rischia di trovarsi a piangere sopra le centrifughe, ho deciso di
sviluppare quelle caratteristiche di cui la natura mi ha dotato.
Caratteristiche che, come sa chi mi conosce, non riguardano le forza
bruta o l'altezza, né la capacità di correre veloce o la
possibilità di far sfoggio di una particolare avvenenza.
Certo, ho il mio fascino alla Empri
Bogart, ma al giorno d'oggi viene confuso con quello alla Vudi Allen
e allora sòn cazzi.
Per questo ho imparato a sparare dritto
e sono diventato un discreto tiratore, col tempo, fedele al motto “Da
quando hanno inventato la polvere da sparo siamo tutti grossi
uguale.” Ma non bastava. Quindi ho appreso qualche rudimento di lotta corpo a
corpo, ma per via delle limitazioni appena discusse in fatto di stazza e di ferocia non mi sentivo ancora sicuro. Ho imparato allora a maneggiare una spada, che anche se è demodè
non si sa mai.
Ma sono ben lungi dal diventare una
pucciosa macchina da guerra. Per questo negli ultimi mesi mi sono
impegnato in un nuovo campo di ricerca, che promette molto bene.
La sopravvivenza è una cosa
importante, e quindi non starò certo qui a dire a voi, che siete
tutti potenziali concorrenti per la mia particolare pozza d'acqua,
come intendo arrivare all'abbeverata.
In fin dei conti, ognuno fa quel che
può e usa le proprie armi. L'inquisizione spagnola ha dalla sua la
sorpresa, la paura, una devozione fanatica per il papa e delle
bellissime uniformi rosse. La tigre dai denti a sciabola ha i denti
a sciabola. Il topo la capacità di riprodursi a sproposito e senza
un minimo di coinvolgimento emotivo. Gli spacconi la loro faccia
tosta e l'ingenuità del prossimo. E così via.
Come diceva Ailander: ne rimarrà
soltanto uno.
Ma tenete sempre di conto che di solito
quello che resta è un infingardo assassino e spregioso, quindi state
attenti al prossimo.
Sopravvive il più adatto. Sopravvive
il più cattivo.
Una persona cattiva è in grado di
portare rancore, come abbiamo detto, per secoli. E di forarvi tutte e
quattro le ruote della vettura.
Una persona cattiva come Martin Bormann ve le farà squarciare dalla Gestapo.
Ma una persona veramente cattiva potrebbe convincervi a tagliarvele da soli.
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