giovedì 25 settembre 2014

Easy come, easy go




Gli inglesi la chiamano Mutt and Jeff, gli americani l'hanno pure inserita nel manuale di addestramento della CIA, è una storiella vecchia come il mondo che da noi ha il consueto nome di "sbirro buono e sbirro cattivo".
Good cop/Bad cop.
Funziona. Se non funzionasse non la conosceremmo neppure, non l'avremmo vista in mille film, non farebbe parte del linguaggio comune, non sarebbe utilizzata negli interrogatori. Sarebbe come l'alligatore albino: una leggenda metropolitana. E invece esiste e funziona, e tutti noi abbiamo o abbiamo avuto una prova dei suoi effetti nella nostra vita. Magari l'abbiamo pure usata, magari l'abbiamo subita, in maniera più o meno consapevole, più o meno evidente.
E dato che funziona è stata subito presa in prestito dalla propaganda politica, che negli ultimi anni ha iniziato a mutuare il linguaggio del marketing e della pubblicità e a far sue certe tattiche di vendita e di pressione tipiche dei venditori porta-a-porta  e del potere esecutivo.
Pubblicità e sbirri.
Non c'è da stupirsi, d'altronde: in un mondo che è stato inglobato da una bolla consumista, il vecchio assioma del "produci, consuma, crepa" è diventato "convinciti di dover produrre e consumare e se non ti convinci ti convinciamo noi con le buone o con le cattive".
Ma ora arrivo al punto.
Pensavo ad una cosa un po' strana, o almeno a me sembra tale. Mi stavo chiedendo perchè mai, all'interno di un partito di maggioranza, tutti i vari dissidenti che tuonano contro la linea del governo non prendono la porta e se ne vanno nel gruppo misto.
Certo, direte voi, all'interno di un partito esistono correnti e libertà di pensiero, poi si vota e si sceglie una linea maggioritaria.
Giusto, o quasi giusto. Diciamo che il discorso fila finchè le correnti vengono rispettate, tenute in considerazione e ascoltate con attenzione pure dalla parte maggioritaria, che dovrebbe arrivare a una mediazione tra le varie posizioni e non imporre tout-curt la voce del padrone. E fila finchè il dissenso è di volta in volta su un punto o su un altro, non sull'intera linea di governo.
Perchè se non sei d'accordo su nulla è inutile cercare di mediare, no?
E allora ecco i dissidenti che tuonano contro la legge elettorale definita una porcata incostituzionale, ecco i dissidenti che sbraitano contro la riforma del senato, oppure che si inalberano contro le ipotesi di abolizione dell'articolo 18. Solo per dirne tre, ma da qualche mese a questa parte c'è una certa area del partito di maggioranza -che si autodefinisce di "sinistra"- che è in totale disaccordo su pressochè ogni argomento trattato dal governo.
Questa sedicente sinistra è sempre in odor di scissione, evoca sempre congressi, minaccia voti contrari e crisi di governo. Ma poi alla resa dei conti, i vari Cuperlo, Civati e compagnia cantante si allineano e votano -obtorto collo, a sentir loro- per l'emendamento di maggioranza.
Quello che mi pare strano è che, dall'inizio della corrente legislatura, non ci sia stato uno solo tra parlamentari o senatori di questa maggioranza che abbia deciso di non stare al gioco e di andarsene nel gruppo misto.
Nemmeno uno.
Possibile? Anche a livello statistico, dico.
Mi suona strano, che un Corradino Mineo per esempio -che di certo non ha bisogno del vitalizio o dello stipendio da parlamentare per campare benissimo- non abbia avuto un moto d'orgoglio e non abbia mandato bellamente a quel paese il presidente del suo partito, reo di destrosità e di deriva fascistoide.
E allora m'è venuta a mente -tardi, io ci arrivo sempre dopo- la storiella del poliziotto buono e del poliziotto cattivo. Mutt and Jeff.
Con Matteo "Mutt" Renzi a fare la parte dello sbirro cattivo, che decide tutto lui e fa le riforme anche in maniera violenta (ce lo vedo, sì) e Pippo "Jeff" Civati che invece rassicura l'elettorato di sinistra che no, ci pensano loro a vegliare sulla sinistrosità del parito.
Alla fine hanno uno scopo comune, nonostante sembri che siano a i ferri corti, e lo scopo comune è ottenere ciò che vogliono da quello che viene torchiato.
Che poi sarebbe l'elettorato.
Fin qui ci siamo no? Voglio dire, è solo un'ipotesi, non ho certo la pretesa di rivelare le sacre verità sulle tavolette del Mar Morto, ma proviamo a seguire questo ragionamento e vediamo cosa ne esce.
E ipotizziamo allora che governo e dissidenti siano due facce della stessa medaglia: una piace a quelli più a destra, l'altra a quelli più a sinistra. Se non ci fosse la seconda faccia, un bacino di potenziali elettori di sinistra, diciamo almeno 5-6 milioni?, potrebbe decidere di non votare più.
O peggio, di votare Grillo.
O peggio ancora, di rifondare una sinistra vera in Italia, cosa che Grillo tendenzialmente impedisce (ma questo è un discorso già affrontato) e questa cosa farebbe venire un trabocco di bile ai mercati.
Insomma: Renzi e Civati sono semplicemente due poliziotti, due strumenti funzionali ad un potere più grande, all'intero corpo di polizia per intenderci, che li usa per ottenere dei risultati o per lo meno ci prova. Renzi non decide nulla, come Civati non se ne andrà domani. Non contano nulla: sono solo sbirri. Fin qui mi seguite?
Bene.
Ora, uno si chiederebbe: cosa cercano di ottenere? Intendo non solo lo sbirro buono e quello cattivo, intendo proprio l'intero corpo di polizia, tutta l'interpol a voler guardare le cose con ottica "europea".
La domanda fatidica: "Cui prodest?". Chi ci guadagna?
Insomma, che sta succedendo?
Tanto per cominciare, dico subito una cosa, prima di arrivare a tentare di rispondere a questa domanda. E vi dico chi non ci rimette.
Evasori fiscali, corruttori, chiesa cattolica, imprenditori che fanno lavorare gli immigrati al nero.
Niente, non una parola: il problema dell'italia è evidentemente il bicameralismo.
Avete mai sentito Renzi o Civati dire una parola che sia una contro la mafia?
Contro questa organizzazione che da decenni traffica con la politica, indirizzandone le scelte, minacciando con le stragi, gestendo il sud come un personale feudo delle varie cosche?
Rileggetevi Sciascia, quello degli anni 60-70, e vi sorprenderete di quanto attuale sia.
Niente, la mafia nel mondo di Renzi non esiste, al limite è un argomento buono per storielle di lupara e di strani rituali relegata in un mondo immaginario.
Il problema è l'articolo 18. E' li che si deve agire per "rivoluzionare" questo paese, per cambiarlo radicalmente.
Bene, allora uno si inizia a chiedere perchè, perchè mai tutto questo accanimento su cose marginali e in ultima analisi disutili? Perchè la riforma del senato? Perchè togliere l'articolo 18? A cosa serve, si è mai visto creare un posto di lavoro dalla precarizzazione del  mercato dell'impiego da 15 anni a questa parte?
No.
Quindi di cosa stiamo parlando? Di cambiare tutto perchè non cambi niente?
Quasi, anche di questo. Sicuramente anche di piccoli giochi di poltrone e di
spiccolo potere, di lobbismi e di varie altre amenità, ma credo che dietro ci sia qualcosa di più grande e più sottile. E lo credo perchè più che ai contenuti da un po' di tempo faccio caso alle parole.
Che sono importanti.
Mentre tutti marciano al ritmo dei "fatti compiuti", si è persa l'importanza del linguaggio e della narrazione. Ma guardate bene, state attenti, le parole non sono sciocchezze e il modo in cui vengono raccontate le cose cambia voi e il vostro modo di pensare. Moretti disse: "Chi parla male, pensa male e vive male". Ecco, ma non solo: chi ascolta sempre le solite storielle semplificate e adulterate finirà per farle sue e riproporle come farina del proprio sacco. Voi siete cambiati, a livello cognitivo, nell'impalcatura stessa del vostro ragionamento e delle vostre convinzioni, da quello che sentite raccontare e da come lo sentite raccontare. E non ve ne siete accorti.
E cosa ci sentiamo raccontare da anni?
Un paese immaginario, fittizio, che non esiste. Un paese semplificato. Lo dice pure Renzi: "Dobbiamo rendere l'Italia più semplice".
Qui non c'è spazio per il confronto, per la concertazione, per la mediazione. Non c'è spazio per le difficoltà, per le complessità da "professoroni".
Questo è l'unico governo possibile -si sente dire- non ci sono alternative. Come se vivessimo in Corea del Nord, come se non ci fossero altri partiti, o almeno la possibilità di fondarne di nuovi, se quelli che ci sono non ci piacciono.
Ci raccontano di un paese sempre diviso a metà, tra i "gufi" e "quelli che ci credono". Tra i "vecchi" e i "giovani". Tra chi ha le tutele sul lavoro (anche troppe) e chi non ne ha o non ha nemmeno il lavoro. Tra bene e male.
Così è troppo facile scegliere da che parte stare: si sta sempre dalla parte del bene, della speranza, della giustizia. Messa così è un po' una truffa, no?
D'altronde è una strategia che paga anche a livello globale: da una parte noi, poveri italiani, dall'altra le orde di immigrati pulciosi e ingrati che vengono a rubarci il lavoro. E se non c'è per noi -dice l'elettore medio- figuriamoci per loro. Da un lato la perfidia dei terroristi islamici, che decapitano gli occidentali, dall'altra le forze del bene e della rettitudine, che se macellano qualche centinaio di bambini durante i bombardamenti intelligenti lo fanno almeno per una buona causa.
Son danni collaterali.
La logica della contrapposizione, nella quale ognuno di noi può trovare un nemico fatto ad arte: il terrorista, l'immigrato, il vecchio che ruba il posto di lavoro o il giovinastro drogato e bamboccione. Una contrapposizione però in realtà fasulla, perchè basta mettersi dalla parte opposta della barricata per accorgersi che le cose vengono viste in maniera speculare.
E allora per alcuni arabi i terroristi sono i diavoli americani, che bombardano le loro case e da decenni colonizzano i loro paesi. Per l'immigrato siamo dei ricconi razzisti che -invece di dare una mano a chi magari fugge dalla guerra-  preferiscono sputare addosso a chi è di colore diverso. Per il vecchio i giovani son tutti spalletonde e lavativi, per i giovani i vecchi son tutti dei rincoglioniti.
E' una storia vecchia come il cucco, come quella di Mutt and Jeff. Una variante moderna del divide et impera. Mettili uno contro l'altro, semplifica, e vedrai che ti lasceranno fare ciò che vuoi.
Perchè le uniche vere divisioni di questo paese, e alla fine del mondo intero, non sono quelle che ci raccontano, non sono quelle tra chi è veloce e chi lento, chi moderno e chi antico, chi riformatore e chi conservatore.
No.
Sono quelle tra onesti e disonesti, tra chi paga le tasse e chi le evade, tra chi spalleggia criminali e mafiosi e chi li contrasta. Tra chi il potere lo detiene e chi lo subisce.
Ma ancor di più, a voler riassumere: tra ricchi e poveri.
E' tutto qui. Volendo pure questa è una semplificazione, ma è solo una base di partenza, non è l'arrivo, attenzione. E' da qui che si parte a fare un ragionamento complesso.
"Chi ha i soldi se li tiene" è un vecchio adagio che calza alla perfezione in questo caso, o davvero credete che gente come Marchionne o Briatore siano dei munifici benefattori?
Davvero non vi è saltato all'occhio che gli unici consumi che sono aumentati sono quelli dei prodotti di lusso?
Davvero non avete letto fior di analisti affermare che -negli ultimi venti anni- le disparità economiche nel mondo capitalista sono aumentate, mentre ci avevano raccontato che col libero mercato si sarebbe diventati tutti ricchi?
Davvero non arrivate a capire che la quantità di soldi nel pianeta, che è un insieme chiuso, è una cifra discreta e finita. E' un TOT. Se ne tolgo a qualcuno, vuol dire che li do a un altro, non è così complicato. I soldi che non avete più in tasca voi sono da qualche altra parte, forse dovreste iniziare a chiedervi dove.
Ma adesso si divaga, mentre sarebbe il caso di tornare al punto di partenza.
Avevamo detto: Mutt and Jeff, sbirro buono e sbirro cattivo.
E ci eravamo chiesti perchè, perchè mai. Perchè -per esempio- tutta questa manfrina sull'articolo 18?
Guardiamoci in faccia: hanno ragione anche quelli che dicono che in effetti non è il problema, toglierlo o meno. Voglio dire... toglietelo pure, che cambia?
I nuovi assunti non avranno mai questo genere di tutele. Con le nuove riforme del lavoro accumulate negli ultimi anni in pratica funziona così: ti assumo a tempo indeterminato, ti rinnovo il contratto per 3 anni, e allo scadere del terzo, quando dovrei farti il cosiddetto contratto a "tutele crescenti" ti do una pedata nel culo e ne prendo un altro.
Non è una ricostruzione pessimistica: è quello che succede già oggi, articolo 18 o meno. Chi c'è passato lo sa, per gli altri credo che non sia uno scenario così difficile da immaginare: lo capirebbe pure un bambino, ma se non ci credete andate a rivedere i dati sull'occupazione, non pretendo di essere creduto sulla parola. Vi accorgerete che solo una infima percentuale di contratti a tempo determinato è diventato col tempo lavoro a tempo determinato, cioè il vecchio "posto fisso", il resto è un'umanità fatta di precari, di 40-50enni che si arrabattano con lavoretti sempre più degradanti e sempre peggio pagati.
Ci dicono che il mercato oggi è così e non ci si può far niente.
C'è addirittura chi ha detto che la politica oggi può fare un solo tipo di scelte: quelle liberiste. E infatti non è che si veda tutta 'sta differenza -che so- tra il governo Sarkozy e qullo di Hollande.
Quindi ripeto: perchè accanirsi sull'articolo 18, che viene dipinto da molti come un "totem" (parola svilente, che evoca il freudiano "totem e tabù" da un lato, arretratezza culturale primitiva dall'altro)?
Perchè questa foga improvvisa, questo decisionismo di stampo fascista, volto ad eliminarlo dalla faccia della terra addirittura per decreto e addirittura contro il proprio stesso elettorato?
Perchè anche questo fa parte del complesso di norme e provvedimenti che -iniziando con le telecamere ai bancomat- ci ha fatto mettere la catena al collo con le nostre stesse mani.
Mi spiego meglio, che tanto siamo alla fine del ragionamento.
Lasciate un attimo perdere l'articolo 18 e pensate alle leggi speciali "antiterrorismo" che la gente chiese a gran voce in tutto il mondo dopo l'11 settembre. Vi ricordate? Bene.
Quelle leggi -in seguito in buona parte sospese- non servirono certo a contrastare il terrorismo, figuriamoci. Non mi pare che oggi, nel 2014, la situazione sia molto migliorata da quel punto di vista. In alcuni casi però servirono a chi deteneva il potere di perpetrare abusi di ogni tipo. Ma anche questo è un fatto marginale, un semplice corollario: non dovete arrivare all'affrettata conclusione che i poteri (se si può dire così, passatemi la brutta espressione) abbiamo bisogno di leggi "speciali" per reprimere il dissenso: lo fanno già benissimo con quelle ordinarie.
Certo, poi se gli dai ancora più libertà non gli pare vero, ma insomma...
Torniamo ai giorni nostri, in Italia.
Ragazzi a scuola che non possono più far sale e che vengono monitorati a distanza coi telefonini. Prendi un 5? Ti arriva il messaggio a casa.
Nella bozza del cosiddetto Jobs Act è presente la norma che prevede l'uso di telecamere e altri dispositivi per controllare le maestranze.
In quella del pubblico impiego la norma che consente a chi dirige di spostarti di ufficio anche di 50 chilometri ogni volta che gli aggrada.
Badate bene, non importa il numero di chilometri, fossero pure due centimetri si sta parlando di consentire a qualcuno di prendere decisioni su di un'altra persona e di poterne disporre come vuole.
E poi si arriva all'articolo 18.
E in pratica si dice: il padrone può licenziarti in qualsiasi momento per qualsiasi motivo, quando più gli aggrada. Il messaggio è: sei solo merce.
Il significato di questa proposta (o legge, se legge diventerà) non è da ricercarsi a livello economico o occupazionale.
Queste discussioni hanno un significato etico, simbolico. Che vengano realmente approvate o meno queste norme è ininfluente. E' il modo in cui se ne parla, la discussione stessa il punto fondamentale. E' questo quello che Mutt and Jeff vogliono.
Il potere della discussione sull'articolo 18 è semplicemente modificare a livello cognitivo la percezione che voi avete di voi stessi.
Farvi accettare l'idea che voi siete merce senza diritti.
Far si che voi, un domani, siate i primi ad invocare leggi speciali, sospensioni dei diritti, che vi vediate come semplici ingranaggi di un gioco più grande nel quale non potete avere un ruolo.
Togliervi la dignità di essere poveri e la voglia di alzare la testa, la convinzione di avere diritto ad una vita felice e ad un lavoro onesto ed equamente retribuito sul quale fondare una vita e un'identità.
Un mondo di schiavi contenti del collare che loro stessi si sono infilati.
Il precariato che i mercati ci impongono non è un posto di lavoro flessibile o poco sicuro, ma una condizione mentale, una rivisitazione dei canoni umani, una controrivoluzione che -dopo quella dei lumi e dell'umanesimo- vuole farci tornare ad una servitù non già della gleba ma del consumo e dei media.
L'economia al centro di tutto, l'uomo al suo servizio. E' un discorso abusato ed inflazionato, ma mai così attuale: specialmente in questo momento di crisi eocnomica, nel quale il sistema (nell'accezione nixoniana del termine, non in quella complottista, beninteso) tende a salvaguardare automaticamente sè stesso. E invece di mettersi in discussione e di cambiare, tenta di mettere in discussione voi, di cambiare il paradigma che abbiamo non soltanto di "lavoratore" o "consumatore", ma -temo- di umanità vera e propria.
Certo, potrei sbagliare. Sicuramente in questo ragionamento fatto e scritto di getto ci saranno anche delle falle, dei punti poco scorrevoli, a qualcuno sembrerà vetusta retorica.
Ma posso solo dire, ancora una volta, che dovete stare molto attenti.
State attenti alle parole che vengono dette, alle discussioni che vengono fatte e a come queste discussioni modificano la percezione non che voi avete del mondo, ma che avete di voi stessi come parte di questo mondo. E chiedetevi -magari- se preferite cambiare la vostra identità per mantenere un sistema sempre più spersonalizzante e oppressivo, oppure se volte fare esattamente l'opposto.


E poi, scegliete la vostra parte.

sabato 1 giugno 2013

Brontosauri 2013


Lo dicevamo più di dieci anni fa. Attenzione, che se continuiamo così andiamo incontro ad una crisi economica di proporzioni ridicole. Ma dicevano che eravamo dei fricchettoni di questa minchia. Adesso che la bomba merda è scoppiata invece sono diventati tutti finissimi critici politici e delicati economisti di levatura internazionale. Tutti a dire come potremo uscire dalla crisi.

Ve lo dico io.


Non ci usciremo più.


Si chiamano ritorni calanti, è la stessa cosa che ha ucciso i dinosauri. Siamo diventati insostenibili, come moderni brontosauri. L'ecosistema ci si è rivoltato contro e questa economia è fallita. Questa è la fine del capitalismo come lo conosciamo. Da oggi in avanti non avremo mai più (mai più, ve lo ripeto) la società yuppista che ci avevano promesso. Fatevene una ragione.
Certo, potremmo pure cambiare metodo, abbandonare l'economia di mercato, il capitalismo alla Adam Smith. Ma la maggioranza di voi è convinta che questo sistema sia il migliore, che ci sarà la ripresa, che Silvio troverà una soluzione insieme al nipote dello zio.
Tutti a spellarsi le mani e la phaba in gloria dell'eliminazione graduale del finanziamento pubblico ai partiti. Che saranno finanziati però col 2 per mille delle tasse sul reddito.
Come dire: lo butto dalla porta e rientra dalla finestra, ma in questo modo la voce "finanziamento pubblico" non sarà più nel conto passivi dello stato.
E poi riusciremo a risparmiare anche 30 milioni di euro all'anno, più o meno 50 centesimi a testa, vuoi mettere? Ma qualche locco a 5 stelle si era impuntato su queste cazzate e ora ci tocca sorbircele come se fossero la panacea.
Nel frattempo, faccio per dire, il disegno di legge prevede pure che possano essere donati ai partiti degli "spazi" di informazione. Anche sulle reti televisive.
E Silvio ringrazia.
Poi c'è la barzelletta sugli incentivi alla ristrutturazione della casa. Il governo del pisano più furbo del mondo ha prorogato una leggina di questa minchia che prevede sgravi fiscali per quelli di voi che vorranno ristrutturare la propria villa.
Ma se finora non lo avete fatto ci sarà un motivo, no?
O magari non avete la villa?
Comunque, per i più giovani e poveri si preparano altre proposte SCIOC. Tipo quella del sindacato posticcio di Angeletti: abbassare le tasse a carico delle imprese sui nuovi assunti. Come se ora le assunzioni non venissero fatte per colpa delle tasse.
Se non si consuma non si vende. Se non si vende non si produce. Se non si produce i lavoratori sono in esubero, e li licenziamo. Facile. Altro che tasse.
Ma molti boccaloni ci credono ancora.


Che funzioni.


Che ci salveremo.


Che non siamo terminali.


Siamo un paese fermo al rifiuto.


Dopo ci saranno la contrattazione, la rabbia, la depressione e l'accettazione.
Abbiamo ancora tanta strada da fare. Intanto mi raccomando: pascetevi di questo bel governo vigliacco ma rassicurante, pacato, di grande unità nazionale. Prendetevela con l'opposizione fasulla di Grillo, che è lì solo per fare il bersaglio. Creato ad hoc per essere inviso a tutti, il nemico comune della democrazia contro cui costruire la pastetta piduista che ci governicchia. Lo spauracchio di nessuno, che ha portato in parlamento quattro ingegneri che ancora non hanno capito come si usa quel famoso apriscatole. La contestazione buffonesca che non può e non dev'essere presa sul serio. 

La risata che li ha riesumati.
Questo è il giusto coronamento di quella lunga manovra che è durata anni, una manovra trasversale, che aveva come scopo il portarci a battere la faccia il più dolcemente possibile sulla crisi senza toccare i privilegi dei soliti noti.
In venti anni lo stato sociale è stato smantellato, la coscienza di classe annientata, l'economia è ridiventata classista così come l'educazione, i diritti ce li hanno tolti tutti uno per uno, come si tolgono le caramelle ad un bambino: col sorriso e dicendoci che ci facevano male. E ora ci tolgono persino l'opposizione. Non c'è più opposizione, non c'è più maggioranza. Solo organi di regime e un movimento che più che politico sembra di corpo, un piccolo conato reazionario che in buona sostanza -per ammissione del suo stesso satrapo fondatore- "impedisce la rivolta". Impedisce che la gente si incazzi davvero, che si organizzi in movimenti e partiti seri, arrabbiati e pericolosi. E lo fa tenendoci impegnati su questioni puerili di diarie e finanziamenti ai partiti.


E noi siamo sempre stati contenti.


Contenti dei co.co.co. Contenti dei soldi pubblici alle scuole dei preti. Contenti dell'evasione fiscale, delle leggi truffa, del falso in bilancio, dei condoni fiscali, dei licenziamenti facili e della mobilità, dell'erosione del potere d'acquisto e dell'abbassamento degli stipendi.
E ora ci tocca pupparci la miseria.
C'è la crisi, mi disse un bolso imbecille al mare, cinque anni fa. Bisogna accontentarsi di pochi soldi e rimboccarsi le maniche.


Me ne andai senza rispondere.


Ma a pensarci bene avrei dovuto spaccargli la faccia.

sabato 20 aprile 2013

Agguanta una maglia.




Premessa: c'era una vecchia vignetta del Greggio, pubblicata anni fa sul Vernacoliere, che mi sembra sempre attuale. Nella vignetta, un D'Alema visibilmente alterato, discutendo con un operaio, esclamava: "E' una vergogna! Anche ieri ci hanno ridetto che siamo comunisti! Non è vero!"
Al che l'operaio ribatteva: "O Massimo, 'un ci devi mica convince' a noi... e si sa. Un comunista l'aveva bell'e fatto passa' quell'accordo di merda sulle pensioni..."

Questo per dire.
In questi giorni si fa un gran parlare di base e di vertici, come se fosse una lezione di geometria. Si dice che i vertici di partito hanno perso il contatto con la realtà e con la base.
Ma non è vero. Nella maniera più assoluta.
E' vero l'esatto opposto.
E' la base, chi vota il PD, che ha perso i contatti con la realtà e coi vertici.
Perchè se pensavate davvero che gente che da 20 anni governa con, come e peggio della destra fosse di sinistra vuol dire che non avete mai capito una sega.
Se pensavate che personaggi come Veltroni, Fassino, D'Alema, Renzi, Rosibindi, Letta, Franceschini e compagnia bella fossero di sinistra non avete mai capito una sega.
E se vi aspettavate che questi signori votassero Rodotà e si accordassero con Grillo, se vi aspettavate che chi ha governato a braccetto di Monti e Silvio per paura delle urne avesse il coraggio di affrontare un cambiamento, allora questo vuol dire che non avete mai capito una sega nulla.
Sono 20 anni che li conoscete. Non sono di sinistra. Non assomigliano neppure da lontano alla sinistra. E ultimamente hanno anche smesso di FARE FINTA di essere di sinistra, proponendo inquietanti candidature di bellimbusti giovani e teoconservatori.
Ora c'è l'ennesimo atto di questa vigliaccata: tirare per la giacchetta il vecchio rincoglionito massimalista, trattare la base come un'accozzaglia di bimbi scemi e rifare il governissimo con Silvio, prima di andare alle urne e candidare finalmente Renzi.
Ora lo sapete: costoro NON sono di sinistra.
Se siete di sinistra, votate DAVVERO a sinistra o non vi lamentate.
Grazie.

lunedì 1 aprile 2013

Ci voglio credici!


"Io non intendo affermare, con questo, che di cospirazioni non ne avvengano mai. Al  contrario, esse sono tipici fenomeni sociali. Esse diventano importanti, per esempio, tutte le volte che pervengono al potere persone che credono nella teoria della cospirazione. E persone che credono sinceramente di sapere come si realizza il cielo in terra sono facili quant'altre mai ad adottare la teoria della cospirazione e a impegnarsi in una contro-cospirazione contro inesistenti cospiratori. Infatti la sola spiegazione del fallimento del loro tentativo di realizzare il cielo in terra è l'intenzione malvagia del Demonio che ha tutto l'interesse di mantenere vivo l'inferno."
(K. Popper, "La società aperta e i suoi nemici", 1973)



Quando ho sentito parlare di Obamacare per la prima volta ho pensato ad una marca di cerotti. O di assorbenti. Roba del genere. Obamacare.
Poi ho pensaro ad una nuova polizza assicurativa, e solo alla fine ho realizzato che si trattava di un piano sanitario americano volto a regolamentare almeno un minimo quell'industria disumana che è negli states la cura dei malati.
Bene, mi sono detto, finalmente anche la piùgrandedemocraziadelmondo avrà un servizio sanitario  se non proprio pubblico (pare che pronunciare questa parola oltreoceano sia un reato) perlomeno un tantino più equo, un minimo meno gravoso per chi non ha abbastanza soldi per poter stipulare un'assicurazione sanitaria, e me ne sono rallegrato.
Obamacare. Sembra una marca di fazzoletti.
Ma da qualche tempo c'è un'ombra che si è allungata tetra sul presidente americano di colore negro e sulle sue proposte. Uno spettro, è il caso di dire, si aggira per l'america e pel mondo intero.
E così ho scoperto -oVVoVe- che in realtà il buon Obama col suo programma Obamacare (sembra una linea di prodotti dietetici) tenderebbe a controllare le menti e i corpi degli americani tramite l'inserimento di un microchip (non meglio definito) sotto la cute degli ignari pazienti.
La notizia, che è rimbalzata su internet come tutte le notizie di questa minchia, assieme al gatto-bonsai e alle lettere del principe della Nigeria che chiede soldi, mi è sembrata immediatamente veritiera.
E' perfettamente credibile, difatti, che in una democrazia -pur imperfetta- come quella statunitense vengano impiantati microchip nei cittadini contro la loro stessa volontà e senza che questo generi sconcerto o preoccupazione nella società. E' perfettamente plausibile che qualche scienziato pazzo alla Stranamore abbia inventato dei microchip in grado di influenzare il comportamento umano, un po' come è successo con quello che ha inventato il braccialetto con l'ologramma che riallinea il campo magnetico del corpo e garantisce equilibrio e forza e un'erezione più potente.
Viviamo in un'epoca meravigliosa, ogni giorno è una scoperta.
Ed è perfettamente logico, infine, che il presidente Obama, noto dittatore dal passato nebuloso e dall'occhio torvo, decida di impiantare dei microchip nei bambini bianchi per poterli controllare dalla playstation di casa sua.
Non ci ho trovato nulla di strano, insomma, e poi la notizia era pubblicata su un sito internet che si chiama "Informazzione libbera contro la kasta!", e quindi doveva esser vero per forza; l'ha detto pure un parlamentare... e d'altronde si sa che il Potere complotta da anni alle spalle dei Cittadini tramite mille artifizi.
Per esempio: le scie chimiche. Chi di voi non ha mai visto queste armi di distruzione di massa nei nostri cieli? Oggigiorno è impossibile non accorgersene: le scie chimiche esistono.
Gli aerei dei massoni giudoplutocratici, guidati da Monti e da Joker, spargono a bella posta ossidi di bario, bromo boro e bismuto nella Yomosfera per controllare le nostre menti.
Come fa il bario a controllare le nostre menti dite?
Ma non aveta mai sentito parlare di fluorocontaminazione dell'acqua? L'aveva già detto Kubrik in un suo film, e poi guardacaso l'hanno ammazzato. A Kubrik, non al film.
Dite che il fluoro non è bario? Ma sono entrambi nella tavola degli elementi però, quindi... se il fluoro (che guarda caso è pure nei dentifrici!!!) può controllare la nostra mente, figurarsi il bario.
Tra l'altro studi di importanti scEnziati, come il Filicchi, hanno dimostrato che proprio il contatto tra bario e fluoro è in grado di produrre un campo elettrolitico che annulla la schiuma della birra e lascia uno sgradevole retrogusto di piccione in bocca.
Insomma, è un bel macello, e siamo circondati: arrendiamoci. I plutogiudomassoni controllano tutto, pure questo blog, e si inventano sempre qualche trovata liberticida come l'introduzione della tracciabilità per i pagamenti superiori a 500 euri.
Ma stiamo scherzando?
Siamo in uno stato di polizia: con questo sistema ci impediranno PERSINO di EVADERE LE TASSE!!! Sveglia!!!


Però ecco, al di là del gioco, c'è una cosa che mi chiedo.
Prendersi gioco di costoro è facile, ma.
Una domanda me la farei.


Com'è che tutti questi signori sono *veramente* spaventati da questa favola del microchip, e poi possiedono tutti quanti un Aifòn (o similia) tramite il quale scrivono, leggono, navigano e -alcuni di loro- persino votano? Signori miei, l'intelligentofono, con la sua piccola scheda all'interno (alla quale vi hanno obbligato ad essere associati con tanto di ostentazione di documenti come in questura), quello sì che ce l'ha il microchip. Ed è rintracciabile. Si può sapere dove siete, cosa fate, cosa scrivete e pure cos'avete mangiato a colazione. Perchè l'avete appena scritto su facebook, alla faccia della privacy della quale in apparenza vi preoccupate tanto.
Che bisogno c'è del chip sottocutaneo quando avete già comprato a caro prezzo quello esterno? Non c'è nessun complotto. Nessun piano diabolico o segreto. E' solo marketing.
E allora: di cosa vi preoccupate esattamente?
Distrazione.
Una volta c'era la strategia della tensione. Ma i tempi sono cambiati, le bombe non vanno più di moda e le BR ormai non fanno più audience.
Quindi siamo passati alla strategia della torsione.
C'è un problema? Bene, basta avere la cura di incoraggiare la pubblica opinione a distrarsi su un problema simile ma innocuo.
Un problema edulcorato, di facile comprensione e di soluzione particolarmente difficoltosa. Un po' ammantato nel mistero, anche. A volte pure inverosimile, che ce ne frega? Viviamo in un paese che si piega ad astuccino genuflettendosi di fronte ad una campana che proietta un'ombra che assomiglia vagamente alla cugina di Padre Pio; figurarsi se la Ggente ha competenze in campi oscuri e dimenticati da dio come la fisica e la chimica. Possiamo sparar panzane a più non posso, e più sono grosse più la gente penserà che siano vere.
E così nessuno si preoccupa di votare tramite telefonini intelligenti e tutti si dannano l'anima sui chip americani.
A nessuno importa dell'inquinamento derivante da traffico e attività industriali ma tutti si concentrano sulle scie chimiche e sulle micromolecole degli inceneritori.
E il complotto degli illuminati giudoplutocratici/massoni sembra più veritiero dello sfruttamento economico e sociale che patiamo costantemente nel sistema capitalista.
I miliardari non sono il nemico: sono i datori di lavoro.
Gli evasori fiscali non esistono, la mafia è una cosa trascurabile.
I paradisi fiscali d'ora in avanti si chiameranno resort ecosostenibili.
La degenerazione dell'economia di mercato e il neoliberismo nulla sono di fronte al rischio concreto che alcuni ebrei con le mani adunche e i nasi grifagni stiano complottando in un bunker del male in una località sperduta della kamchatka.
Distrazione. Complotto. Casta.
Il problema dell'Italia è... (rrrrullo di tamburi)...  gli stipendi dei parlamentari.
E da mesi ormai parliamo solo di quello, ci indignamo, ci incazziamo, chiediamo la forca. Vogliamo, pretendiamo che i parlamentari si dimezzino lo stipendio! Poco importa se nel frattempo il paese affoga nella merda, vuoi mettere la soddisfazione di averli mandati tutti a casa e di aver fatto perdere 5000 euri al mese a rosibindi?
E quando avremo risolto il problema degli stipendi dei parlamentari ci preoccuperemo dei mirochip, delle scie chimiche o dell'abolizione delle provincie che iniziano per "F". Qualcosa si troverà.
Intanto continuate a seguire i nostri programmi, mi raccomando.
Tra poco andrà in onda il nuovo apogeo del voyeurismo: INTRITMENT.
La FICCION dove potete spiare i cazzi altrui, nella fattispecie le angosce e le ansie di persone disturbate che vanno in trattamento psicanalitico da Sergio Castellitto.
Certo, è tutta una finzione, ma immedesimarsi nei finti problemi degli altri è sempre divertente e poter avere la sensazione di spiare davvero una seduta psicanalitica è roba forte.
Magari ci scappa pure qualche puntina di morboso.
Che ci farà venire a mente qualcosa di noi o di qualcuno che conosciamo bene.
Ma è sempre preferibile calarsi per qualche minuto nei problemi fasulli altrui che affrontare quelli veri che ci riguardano.

martedì 5 marzo 2013

Solo cibo pulito.


Oggi farò una metafora molto stupida e lunga, e pure un po' infantile e forzata.
Lo so, lo so... le semplificazioni di questi tempi vanno molto di moda e ci hanno pure rotto un po' le palle. Ma a volte bisogna saper comunicare qualcosa in modo molto semplice, e il difficile è farlo, tenere le cose semplici cioè, senza tralasciare i concetti importanti.
Io ci proverò, a beneficio di chi vuol leggere senza impegnarsi troppo, visto che oggi è pure una giornata di merda che sembra un giovedì.


Ecco.


Quando lavoravo come cameriere mi è capitato di ritrovarmi, una sera, in una situazione che oggi mi pare perfetta per spiegare il funzionamento della democrazia in tutte le sue forme. Dunque.
Era un sabato sera, il che vuol dire che il ristorante era pieno come un uovo, perchè erano ancora gli anni che c'era Lui e i ristoranti erano -appunto- pieni. L'ultimo tavolo libero era stato occupato da una nutrita comitivola di persone, tre coppie, che per le dimensioni del locale rappresentavano una piccola folla. Ovviamente, per accrescere le complicazioni, queste persone erano arrivate piuttosto in ritardo, circa alle nove e mezzo di sera, e si trattava pure di un gruppo eterogeneo di piccosi e lamentosi.
Insomma, i classici italiani al ristorante.
Una volta sistemate le formalità (pane e acqua) mi presentai a prendere l'ordinazione, ma mi resi subito conto che la faccenda avrebbe presentato diverse complicazioni. I sei avventori, difatti, richiesero primi e secondi piatti del tutto diversi l'uno dall'altro, cosicchè mi ritrovai in mano una comanda che prevedeva almeno 12 portate.
Quando scesi in cucina per poco il cuoco (giapponese) non mi passò a fil di lama, minacciando me e le mie generazioni future di morte se non avessi immediatamente ridotto quei tangheri a più miti pretese.
Tornai in sala e mi affrettai a spiegare, con paraculesca cortesia, le difficoltà della cucina (che non era grande come quella del Ritz e faceva solo servizio espresso) a soddisfare le loro richieste, e che se avessero insistito per avere le loro dodici portate avrebbero probabilmente dovuto aspettare per ore. Anche perchè, feci notare, erano arrivati per ultimi e avevano avanti a loro altri venti tavoli.
Le reazioni non furono amichevoli, e variarono da uno stupore sbigottito ed accuse di malagestione del pubblico servizio.
A nulla valse il mio evidenziare che -almeno per la sera in questione- non potevamo dotarci di una cucina più grande e che lor signori -che erano clienti abituali- ben conoscevano le dimensioni del locale e la sue capacità.
Dopo qualche furibonda contrattazione, i due più miti ospiti scesero a compromessi e si accordarono per prendere piatti uguali ad un terzo. Una signora invece, baciata da un intelletto non troppo acuto, semplicemente cambiò la sua ordinazione scegliendo due nuovi piatti. Totale: 10.
Ancora non c'eravamo, e io iniziavo a sudare freddo, sotto gli sguardi inquisitori della turba giacobina che mi fissava come fossi il Re Luigi.
Infatti, non appena feci presente che avrebbero dovuto limare ancora un filo l'ordinazione, fui investito da ondate di sdegno che comprendeva secoli e secoli di indignazione repressa dell'italico popolo contro le malvessazioni della classe dirigente bieca ed aguzzina.
La situazione diventava scivolosa e tragicomica come in un film di Fantozzi, e sostenere contemporaneamente gli interessi dei clienti e quelli del locale era sempre più impossibile.
Feci nuovamente appello al buonsenso, ma il buonsenso era andato a mangiare una pizza quella sera, e uno dei clienti, un arruffapopolo istrionico e minaccioso, agitando le mani come Saint Just quando rifilava uno dei suoi panegirici al popolino desideroso di ghigliottina, mi apostrofò dicendo che avrei a questo punto dovuto decidere io per loro cosa dovevano mangiare (condendo il tutto con borborigmi di èinauditismo, di nonmeramaisuccessismo e di èunavergognismo).
La contrattazione procedette sul filo di questa sottile lama di rasoio per alcuni minuti, e dopo quella furibonda Yalta riuscii, con non pochi sforzi di diplomazia, a ricavar una comanda di sette-otto piatti, che ancora era lontana dall'essere onesta ma che potevo comunque, con qualche forzatura e a rischio del mio scalpo, imporre al cuoco (giapponese) che era molto paziente ma armato.
Insomma, per farla breve, alla fine riuscimmo ad accontentare tutti (più o meno) e seppur obtorto collo lor signori mangiarono, bevvero e ruttarono anche se non smisero per un solo secondo di sbriciolarmi i coglioni per ogni sciocchezza, perchè ormai avevano il dente avvelenato.


Ecco.


Ora, i più scafati di voi avranno già notato i punti salienti della metafora, ma io desidero rimarcarli per chi non avesse capito il senso di questa mia narrazione.
La tavolata di pignoli irragionevoli è l'elettorato. Diviso, rissoso ed impaziente. In più: quello italiano è l'elettorato che è arrivato per ultimo al ristorante ma desidera essere servito prima degli altri.
La cucina, vedetela un po' come il governo, o se siete più internazionalisti, come la Commissione Europea. Quello c'è, quelle sono le risorse. Pestare i piedi non cambia la situazione.
Il cameriere, che ero io, è il rappresentante del popolo, il politico. Che è sì parte del sistema (ristorante) e membro del governo, ma che fa comunque gli interessi del popolo e che si fa portavoce delle sue richieste. E che cerca di convincere l'una parte e l'altra a trovare un accordo.
In un sistema democratico, quindi, ogni singolo cittadino avanza le sue richieste. Quando queste non possono essere soddisfatte, è inutile proseguire incaponendosi su posizioni di principio. Se la spigola è finita, arrabbiarsi non la farà comparire per magia nel piatto. E -in ogni caso- non si può avere tutto. Così come al ristorante non si possono scegliere 40 piatti diversi se siamo in 20, nella realtà non possiamo veder esaudite le richieste di TUTTI i membri della società (tagli alle tasse, lotta all'evasione, più soldi alla sanità, meno controllo fiscale, condono, ambiente, ricche pompe e cotillons varii)
Il tentativo di accordo, evidentemente, è l'unica via. Qualcuno, più malleabile o di gusti meno sceglini, deciderà per il bene comune di mangiare il risotto, come il suo commensale, piuttosto che la pastasciutta che gli faceva tanto gola.
Una volta giunti ad obbiettivi comuni e condivisi, si può mangiare. Se si resta divisi, invece, si fa la fame.
La tentazione -seppur palesemente provocatoria- di affidare al cameriere ogni potere decisionale ("allora ce lo dica lei, cosa dobbiamo mangiare") avrebbe sì risolto il problema anch'essa, ma non ci vuole molto per capire che demandare la sovranità nella sua interezza ad un Uomo Salvifico è piuttosto pericoloso, dato che i sei meschinacci avrebbero rischiato di trovarsi, per mio comodo, a mangiare pane e acqua e senza neppure rompere troppo i coglioni.


Ancora una piccola considerazione, però.


Se in questo scenario introduciamo la democrazia cosiddetta diretta possiamo prevedere due risultati.
Il primo, che comporta una votazione a maggioranza di ogni commensale sul piatto da ordinare, porterà tutti ad avere la stessa pietanza. La maggioranza ha deciso: stasera pasta. E se qualcuno è intollerante al glutine chissenefrega, non mangia.
Il secondo, prevede di sostituire il cameriere con un cliente.
Il cameriere costa, a che serve? Mandiamolo a casa!
E qui dunque il rappresentante del popolo sovrano scavalca la catena di comando e si presenta lui stesso in cucina con l'ordinazione, puntando i piedi e minacciando il cuoco (giapponese).
Mi limito a farvi notare però.
Che anche in questo caso il problema non si è risolto, e che se non si ricorre di nuovo alla contrattazione si resta comunque ed inesorabilmente col piatto vuoto, per quanto si urli e si gridi alla vergogna e all'ingiustizia.
E che molto probabilmente in questo caso il cuoco (giapponese) si incazzerà di brutto.

E non bisogna mai far incazzare chi maneggia il tuo cibo, se si vuole che sia pulito.

giovedì 28 febbraio 2013

Democrazia 2.0


Diceva Sartre che gli scrittori hanno una sorta di dovere, nei confronti della popolazione e della politica, che è quello di fare cultura. E fare cultura nei confronti della gente e della politica, o forse dovrei dire all'interno della politica, intesa come argomento, significa prendere delle posizioni in maniera chiara.
Tesi ribadita più volte da illustri autori anche qui in Italia, da Sciascia a Calvino, passando per Pasolini e mi sembra di aver già detto abbastanza.
Oggi volevo scrivere un post diverso, avevo già in mente la storia che volevo raccontare, ed era una storia autoreferenziale. Ma a un certo punto ho deciso che non potevo farlo.
Perchè in effetti, rileggendo l'ultima cosa che avevo scritto, quel "Per non tacere per sempre", mi sono reso conto di aver scritto con la pancia e non con la testa, e va benissimo per carità, scrivere con la pancia, ma sentivo ancora il bisogno di precisare alcuni punti.
E io sono fatto così: se una cosa mi resta sul gargarozzo non ci dormo e prima o poi bisogna che la sputi.
Ecco, riprendiamo il filo del discorso.

Il Movimento 5 stelle di cui tanto si parla in questi giorni, come se fosse nato oggi, non ha nulla a che vedere con la cultura. Questo è il primo punto che voglio mettere bene in chiaro. Anche perchè ho sentito personaggi fin troppo insigni definire quella di Grillo una "rivoluzione culturale". Se è una rivoluzione culturale questa, quella di Mao cos'era? E' essenziale per me ribadire quindi, ancora una volta, che il M5S *non è* un movimento di controcultura e non ha nulla a che vedere con una rivoluzione culturale. Il perchè è presto detto. Il M5S non solo manca di una coerente base d'ethos, ma la respinge come fondamento stesso del suo essere: è nella sua ontologia l'essere senza struttura etica. Il M5S è un movimento di OPINIONI, non di CULTURA. E' la somma delle singole opinioni, talvolta divergenti, talvolta ridicole, di tutti i suoi attivisti che scelgono di renderle pubbliche.
Nel loro stesso organigramma si legge che il M5S è un "non-partito", con un "non-programma" e un "non-statuto". Un po' come uno zombi è un nonmorto, insomma. Non è proprio vivo. E' morto. Però cammina. Ecco, loro non sono proprio un partito. Si fanno eleggere in parlamento, però poi non governano davvero, si limitano a berciare un po' qui un po' lì.
La mancanza di una cultura EVIDENTE (della reale affinità culturale OCCULTA di questo movimento a politiche di stampo liberista discuterò più avanti) fa sì che il nonpartito si destrutturi automaticamente ad ogni questione morale che viene sollevata, gettando la base nel più completo frastornamento finchè non arriva il deus ex-machina (O Grillo O Casaleggio) a gettare una bella dichiarazione lapidaria che detti la linea da seguire..
E qui già si vedono due cose. La prima: l'efficacia del messaggio che il singolo elettore/attivista del M5S riesce a far passare nel maelstrom della rete è legato a) alla sua capacità di espressione, b) alla tempistica del post e c) alla sua credibilità. In definitiva: il messaggio del singolo utente non conta nulla, con buona pace della democrazia dal basso.
La seconda: questo nonpartito ha una linea, intesa come la intendevano i comunisti, più unica di quella del PCUS, perchè non viene dall'approvazione di un congresso di rappresentanti ma da una sola persona che decide per tutti.
Voi dite pure la vostra: tanto so già che non riuscirete a mettervi d'accordo, quindi ci penso io a darvi l'imbeccata e a prendermi -come al solito- il plauso della maggioranza. E la chiameremo "democrazia partecipativa".
Questa beneamata minchia.
Ma ora che abbiamo stabilito che il M5S non ha niente a che vedere con la cultura, dobbiamo chiedrci: con cos'altro ha a che vedere, allora?
Il Grillismo, a mio modestissimo parere, peraltro condiviso da teste ben più illustri della mia, è un fenomeno Politico (per quanto la parola schifi gli elettori grillici) Sociale ed Economico e solo in quest'ultima accezione Culturale. Ovvero, fa parte di quella cultura economica che trova la sua espressione più moderna nella televisione commerciale 2.0: l'internet commerciale e l'e-economy.
Partiamo da qui, con un comodo elenco stile Wu Ming, che hanno ragione loro: così ci si impappina meno e si segue meglio:


LA CULTURA DEI MEDIA


Grillo sfasciava i PC.
Poi un giorno, sulla via di Ivrea, cadde dal Suv e venne folgorato da un'illuminazione divina. E così vide che internet era una cosa buona e Casaleggio era il suo profeta. Amen.
Adesso Grillo infila l'Olivetti, di cui Casaleggio era dirigente, in ogni comizio e magnifica come una lente magica le mirabolanti proprietà della rete.
Qui apro una parentesi. Io credo che internet sia una bella cosa. E' un modo per mettere in contatto le persone, un bel sistema per comprare libri rari o fuori stampa e per scaricare pornografia e anche un bel bacino di informazioni. Certo, tra tutte le informazioni che ci sono c'è pure tanta cacca, e bisogna saper distinguere. Spesso non è così facile, e c'è sempre chi casca in fakes mostruosi, ma pian piano ci abituiamo.
La cosa più pericolosa di internet è il mostruoso volume di informazioni prive di controllo (e talvolta neppure definibili "informazioni" in senso stretto) che ogni secondo vengono vomitate sul web come da un Gargantua con la gastrite: per questo internet va preso decisamente cum grano salis.
E' un medium, ragazzi, ricordiamocelo. Come non è verità tutto quello che si vede in TV così non lo è tutto quello che è su internet.
E' un mezzo, niente più.
Ma nel grillismo è più importante il mezzo dello scopo, anzi il MEZZO stesso si sovrappone con lo scopo, trascendendolo, in una spirale discendente che punta ad identificare nella rete e nella condivisione nei blog (anzi NEL blog) l'essenza stessa del movimento, che nella partecipazione si autoafferma e si realizza e della partecipazione fa strumento e fine allo stesso tempo.
Si partecipa per partecipare: lo scopo della riunione è fare riunioni, lo scopo del voto è votare e così via.
Questo meccanismo in apparenza banale ha lo scopo di distogliere così la nutrita base dal vero problema, ossia l'organigramma del movimento e le decisioni da prendere, che restano completo appannaggio del mago di Oz che, una volta al giorno, delibera da dietro le tende un oracolo che i milioni di connessi dovranno interpretare e fare loro.
Messaggio che -va da sè- nell'ottica pubblicitaria che pervade la comunicazione dall'alto di questo movimento via-internet, appare vieppiù vago e accessibile alla maggior parte di consumatori-fruitori della rete.
Nell'autoorganizzazione del fruitore infatti si realizza quella rete di consumatori consapevoli che generano una fitta rete di inutili messaggi orizzontali, mentre nella comunicazione ad una sola via (dal vertice alla base) del pubblicitario-re si realizza in ultima analisi quella strategia propria del marketing di vendita per un prodotto adatto a tutti.

IL RETROSCENA SOCiALE

Il movimento quindi si prefigura, attraverso la rete e l'utilizzo di un medium, di organizzare una "base" di fruitori. Che il prodotto venduto sia un barattolo di fagioli o un'idea poco cambia. In questo internet è la continuazione della televisione commerciale con mezzi più moderni.
Andiamo adesso ad analizzare la composizione di questa base di fruitori e il contesto sociale nel quale questa base di fruitori si muove.
E' innegabile che la società sia formata da persone e che le persone influiscano sulla struttura stessa della società e viceversa in un processo dinamico continuo che Brofenbrenner ha studiato a fondo denominandolo "ecologia dello sviluppo".
In tale ottica, l'essere umano non può essere scisso dalla nicchia ecologica (o sociale se preferite) che occupa, rappresenta e modella.
Per comodità di analisi ci occuperemo prima dell'uomo e dopo della nicchia, tenendo ben presente però che si tratta di una differenziazione di comodo.
Le persone hanno competenze e abilità (e direi pure capacità intellettive) varie. Si va da un estremo all'altro, dove nella parte più bassa possiamo collocare Gasparri e in quella più alta, che so, Hawking magari. Per rappresentare la maggior parte della popolazione ricorriamo al concetto di "media", e vista la corrispondenza etimologica col termine "mediocre" siamo già messi male.
L'elettore medio di Grillo è giovane (vedi dati del senato) e disilluso, tanto per cominciare, e partiamo da qui. Non voglio infatti soffermarmi su certi esempi di persone scadenti che utilizzano un gergo puerile e che appartengono ad una fascia di popolazione inferiore alla media per abilità e capacità oggettive, e che scrivono post deliranti nel blog del Santone (andate a vedere e fatevi due risate...): per quanto possa essere allettante dimostrare che proprio questo genere di persone è più influenzabile da un messaggio semplice urlato in maniera accattivante, ammetterò -per comodità e buona pace- che gli stupidi votano in maniera trasversale tutti gli schieramenti e finiamola qui.
Torniamo ai giovani e ai disillusi.
I primi sono da un po' di tempo al centro di un nuovo fermento ideologico, anch'esso abbastanza trasversale, soprattutto alla sinistra, che si potrebbe definire giovanilismo. Il giovane, per questa nuova dottrina, è MEGLIO degli altri tout court. Il giovane è bravo, bello e intelligente, ha idee fresche e grandi capacità.
Io mi chiedo in che mondo vivano certe persone, perchè i giovani che di solito incontro io sono un po' diversi. Ce ne sono di buoni, ovvio, ma ci sono anche tanti imbecilli: la stupidità non ha età.
La fascia di età definibile tardoadolescenziale (14-20) in questo momento storico ha alcune caratteristiche comuni che sono molto ben delineabili. Insicurezza, che traspare dai comportamenti di "branco", talvolta pure violenti. Insicurezza che deriva ANCHE, ma non solo, da una carente educazione e sociale e familiare: la dove non arriva la scuola e la società non arrivano neppure quei genitori circumquarantenni figli di quegli anni ottanta che tanti cervelli hanno macerato nell'illusione del denaro facile.
I beni di consumo più allettanti per questi giovani virgulti sono i telefonini e gli AIPAD, i vestiti e le scarpe. Singolare infatti come il meccanismo di previsione del voto sia andato completamente in panne per l'aver i sondaggisti effettuato interviste solo chiamando i telefoni fissi. I giovani proprietari di aifon, non interpellati, hanno fatto sbancare tutti i pronostici.
La cultura, intesa come cultura classica, non è contemplata da questi personaggi, per lo meno dalla maggior parte di loro. Come diceva il linguista Mauro: è l'analfabetismo che genera il voto populista.
Oggigiorno la maggior parte delle persone ha una seria difficoltà a capire la lingua scritta (e parlata). Pensate solo a quante persone non riescono ad usare correttamente il congiuntivo, all'uso inflazionato del piuttostochè, alla prosa sciatta di certi componimenti. La maggior parte della gente di fronte ad un ragionamento complesso storce il naso ed abbandona, bollandolo come "seghe mentali da intellettualoide" perchè non lo capisce.
Ciò che non si capisce si disprezza.
E il disprezzo è -come insegna Ekman- l'emozione più forte e pericolosa che esista, più pericolosa dell'odio. Itle non li odiava gli ebrei, li disprezzava. C'è una sottile differenza, ma determinante.
Quando parlo di "gente", ovviamente, parlo sia di giovani che di adulti, con una certa propensione per i disillusi. Diciamo che parlo degli indecisi, di quelli che alla domanda rispondono "Non sa/non ha deciso". Di quelli che aspettano che qualcuno gli spieghi le cose in modo più semplice, invece di dotarsi di strumenti più raffinati per capire le cose più complicate. Perchè ci sono cose che non possono essere messe giù semplici, checchè se ne dica, e quando ci si prova si finisce sempre col tralasciare qualcosa di fondamentale.
Ergo, tornando a bomba, la base a cui si rivolge il messaggio messianico-mediatico di Grillo/Casaleggio è un pubblico di "consumatori" di cui fanno parte in massima percentuale i giovani e i disillusi di ogni età. Accomunati, come abbiamo detto, dall'incapacità o dalla mancanza di volontà di comprendere ragionamenti più sottili del solito "vaffanculo a tutti".
Per quanto riguarda la società nella quale queste persone si muovono, c'è da dire che si tratta di una società che da tempo ha rinunciato a proporre modelli alternativi all'imbarbarimento consumistico galoppante. E' il genocidio culturale che già Pasolini, negli anni 60, aveva visto all'opera, denunciando la televisione, la "banalissima" televisione commerciale, come lo strumento più violento che si fosse mai visto. Lo sapeva anche Goebbles d'altronde. Ma Pasolini diceva così perchè non aveva ancora visto il web.
Attraverso l'organizzazione di una cultura "dal basso", livellata sugli istinti più triviali, si sostituisce la cultura più alta e se ne impedisce l'organizzazione. Di più: la formazione di gruppi di "antiintellettuali" votati al praticismo ("noi siamo per FARE, voi intellettuali andate a lavorare") determina la genesi di un sentimento di disprezzo diffuso per tutto quello che sembra più "alto" ed elitario, e che viene immediatamente bollato come "CASTA", alla quale vengono attribuite arbitrarie caratteristiche di malvagità e corruzione.
Come nel Signore degli Anelli, che per decenni è stato al centro di furiose critiche proprio per questo motivo, c'è un potere occulto e maligno che dall'alto cerca di distruggere i poveri e buoni hobbit che lavorano e non pensano. Da una parte la magia, associata alla conoscenza e al potere, come male assoluto. Dall'altra gli zappaterra fumaerba semplici e genuini, che vivono in splendide comuni senza governo e che sono l'ultimo baluardo della bontà.
Il MSI ci ha costruito tutta la sua campagna politica, sui campi Hobbit. Ma tanti non lo sanno o l'hanno dimenticato.
Quindi, per tirare le fila: questa fetta di popolazione (maggioritaria? minoritaria? i posteri ce lo diranno) si autoorganizza all'interno della società corrente NON per sovvertire l'attuale ordinamento culturale ed economico (capitalismo) con un moto di contro-cultura, ma per usare la cultura dominante e schiacciata sul basso per fare leva sulle classi elitarie, senza far distinzione tra elite politica, culturale e via discorrendo. La dinamica è la solita, vecchia, classica dinamica del gruppo.
Andiamo a picchiarlo tutti insieme mentre è solo.
Potrei infatti aggiungere a questo discorso pure il carico della violenza verbale via internet, e farvi notare il parallelismo che corre tra il fenomeno del bullismo in rete (vedi facebook) e che spesso sfocia in vere e proprie aggressioni di stampo squadrista (fascismo inconsapevole) verso il "diverso", e le aggressioni verbali e la violenza di certi interventi che si possono leggere nei siti dei grillini, e che sfociano talvolta in veri e propri atteggiamenti squadristi (come verso i giornalisti in piazza San Giovanni), ma sarebbe un esercizio sterile.
Provateci da soli: andate su internet, prendete un giovane grillino e palesate il vostro dissenso. Poi guardate che succede.

L'AGONE POLITICO


E qui si giunge all'ultimo e più importante passo.
Abbiamo stabilito il mezzo attraverso il quale il mezzo stesso si propaga come scopo. Abbiamo visto come il fine si confonda machiavellisticamente col mezzo, nella miglior giustificazione sostenibile. Abbiamo visto come sia stratificata quell'eterogenea base di votanti e in che società viva e operi.
Questo è struttura, "forma".
Adesso vediamo il contenuto o "sostanza", ovvero l'offerta politica, se così si può dire.
Il contenuto politico del M5S è composto da due strati sovrapposti ben identificabili. Uno strato, più superficiale, è quello che serve ad abbindolare le masse e potremmo definirlo componente commerciale. L'altro strato, più profondo ma non certo occulto, è la vera essenza della politica del M5S e potremmo definirlo componente ideologica.
Adesso guardiamole più da vicino.
La componente commerciale ha il pregio, per così dire di essere immediata. E' facilmente comprensibile: arriva a tutti con la stessa forza.
Anche a me, vi dirò, diverte sentire Grillo che urla. E devo pure ammettere che su tante cose è difficile dargli torto. Qui però ci si deve fermare.
Tanto per cominciare dobbiamo vedere COME questa componente commerciale viene promulgata. Ovvero: con il solito meccanismo dello Spot.
Senza contraddittorio (o con un contraddittorio fasullo, come le pubblicità del prodotto che smacchia "più del principale concorrente") e a volume PIU' ALTO.
La publicità fa esattamente la stessa cosa. Grillo smacchia i giaguari più di Bersani. Ma mica vi dice come. Grillo fa bene all'intestino, perchè ha il Bifidus Regulagrullis, che importa se poi non esiste. Grillo e il M5S sparano a tutto volume la loro offerta irrinunciabile: perchè pagare di più? E' da locchi.
Ma Grillo è andato avanti, nella strategia commerciale, e non si è fermato alla banalità. Le migliori campagne pubblicitarie non sono quelle che ti convincono a comprare il prodotto, ma quelle che ti convincono che il prodotto lo vuoi davvero, che sei TU che lo scegli. "Siete voi che mi dite cosa devo fare" dice Egli, quando due minuti prima ha imbeccato la folla su cosa doveva dirgli di fare.
-Vogliamo i tagli agli stipendi dei politici!
-Yeahhhh!
-Cosa vogliamo?
-I tagli agli stipendi dei politici!!!
Tipica strategia di marketing modello americano.
Guardi loro e rivedi Reagan e gli anni ottanta.
Ma cosa c'è in questo messaggio? Niente, in realtà il messaggio commerciale non è importante. Contiene un po' di tutto quello su cui Grillo ha messo il cappello. Ha pescato qui e là, un po' di movimenti, un po' di rifondazione, un po' di casapound e ha detto che l'aveva inventato lui.
Acqua libera, reddito di cittadinanza, meno tasse, più internet, mandiamoli tutti a casa, un etto di torrone morbido e due pinoli di numero.
Lo potevo scrivere anch'io un programma così. No a questo, no a quello... Cosa ce ne frega se si può fare o no, tanto serve solo per prender più voti possibile, in maniera indiscriminata.
Il problema di ogni dichiarazione di intenti, infatti, (e il loro nonprogramma E' una dichiarazione di intenti, lo chiamino poi come vogliono) è che PRIMA di cambiare tutto bisogna sapere CON COSA cambiarlo. E in questi giorni vediamo che l'interrogativo -che è sorto a sorpresa vista la peculiare situazione al senato- non è di facile soluzione.
Adesso i senatori e i parlamentari grillini (e la base, anche) non sanno che fare e invocano tempo per riflettere. Ma in un mondo normale si riflette PRIMA di fare le cose, specie se si tratta di fare cose importanti.
Ma torniamo a noi. C'è un aspetto ancora che vorrei approfondire, prima di chiudere con la componente ideologica del M5S; ovvero la punta di diamante della componente commerciale: la democrazia dal basso.
La democrazia dal basso non è un'invenzione di Grillo. E' semplicemente la forma più ARRETRATA di democrazia che esista. Ovvero quella che prelude alla moderna democrazia di rappresentanza.
Nella democrazia del basso, ogni voto conta uno e tutti possono deliberare per -ad esempio- approvare una legge. Questo è possibile se ci troviamo in cinque amici e dobbiamo scegliere che film andare a vedere al cinema. Anche se poi -come spesso succede- sarà alla base di violenti alterchi e della fine dei rapporti coi propri sodali (da qui: l'arte del compromesso, questa sconosciuta...).
Man mano che la società si fa più complicata si deve giocoforza passare ad una democrazia di rappresentanza per due motivi fondamentali.
Il primo, meno importante, è la dimensione del bacino di elettori. Se abbiamo 50 milioni di persone in età da voto, è IMPOSSIBILE organizzare votazioni plebiscitarie per ogni singolo cazzo di emendamento che deve passare. Facendo così, ci estingueremmo prima di aver fatto la legge sul conflitto di interessi.
Qualcuno dirà: ma attraverso la rete si può effettuare una votazione istantanea (o quasi) che permetta una forma di democrazia più diretta, no?
Ni.
E' opinabile e controverso. Chi ci garantisce, per esempio, che i voti non sarebbero manipolati dai gestori dei server? Se viene manipolato il televoto a Sanremo, figuriamoci quello online. Le schede non saranno infallibili, ma sono più sicure. O al limite, hanno lo stesso grado di sicurezza, e questo quindi non risolve il problema.
Anche perchè il secondo e più importante problema riguarda il grado di competenza.
Centomila imbecilli messi insieme non sono più intelligenti di un genio.

Infatti a Sanremo ha vinto Mengoni.
La democrazia di rappresentanza ha il rischio di veder crescere la corruzione al suo interno, è vero, ma questo rischio si contrasta con strumenti di controllo più efficaci sui nostri rappresentanti. E con un'opinione pubblica un po' più sveglia, che scelga in libertà rappresentanti capaci e onesti.
E' inutile invocare la democrazia diretta quando in Lombardia la maggioranza ha eletto un governatore che rappresenta la continuità con una classe dirigente EVIDENTEMENTE corrotta e truffaldina.
Insomma, il problema non è il metodo che si sceglie, è cambiare proprio la testa degli elettori, e questo non si fa andando al senato a fare ostruzionismo becero, ma con una lenta opera di sensibilizzazione. In questo i grillini sono stati troppo accellerazionisti e hanno fatto -decisamente- il passo più lungo della gamba.
Ma arriviamo al punto nodale e conclusivo di questa lunga diesamina e andiamo a guardare da vicino la componente ideologica del M5S.
Tale componente affiora, qui e là come gli scogli alla meloria, all'interno dei programmi e dei proclami del lider maximo e dei suoi sanculotti. Nel corso delle settimane ho identificato diverse piccole proposte che -messe insieme - ci possono dare un quadro più nitido.
farò un piccolo elenco parziale, perchè è impossibile ricordarle tutte con esattezza: limitiamoci a quelle più significative.


1) via i sindacati. Colpevoli, secondo Grillo, della disoccupazione e della crisi economica. In "sindacati" Grillo ha identificato ieri un volto preciso nel nome di Susanna Camusso, quindi via i sindacati specie se di sinistra.
2) equidistanza da destra e sinistra. Anzi, negazione dell'esistenza stessa delle due categorie. Il negazionismo è un'arma importante. Negare l'avversario nel presente significa ucciderlo nel proprio immaginario. Negarlo nel passato, con effetto retroattivo, vuol dire togliere dignità intellettuale a tutti quanti si possano rispecchiare in una qualsivoglia ideologia. Tale ideologia non esiste ed è solo un frutto della vostra immaginanzione. Il duce ha fatto cose buone, gli ebrei non sono mai stati uccisi nei campi di concentramento, e così via.
3) eliminazione dei partiti, riduzione dei parlamentari. Ridurre la rappresentanza non è certo il modo migliore di realizzare quella "democrazia diretta" che i grillini desiderano. Semmai dovrebbero chiedere di raddoppiarli, i parlamentari.
4) credito alle microimprese. Ovvero: diamo i soldi pubblici agli ex ricchi che adesso piangono. Il rischio di impresa, insito nelle dottrine di mercato liberiste, viene in questo modo bypassato senza vergogna, ottenendo la classica moglie ubriaca (l'imprenditore) e botte piena (il credito), sottraendo di fatto il vino a qualcun'altro. Questi imprenditori che hanno voluto il capitalismo e sono stati sbranati dal libero mercato sono la causa stessa del loro male, ma ancora una volta dovrebbero essere i salariati a togliere le castagne dal fuoco ai padroni.
5) niente cittadinanza ai figli degli immigrati, via i rom, via i rumeni e amenità varie. E qui c'è poco da commentare. Sembra uscita dritta dall'agenda di Miglio.


Inoltre, oltre alle cose che Grillo e i suoi amici dicono, c'è quello che non dicono che fa più pensare. Mai un attacco al capitalismo, che viene visto come un babbo benevolo e non come la principale causa della crisi economica e culturale che stiamo vivendo; non una critica a confindustria, che evidentemente nell'ottica dei grillini ha salvaguardato i diritti dei lavoratori meglio della CGIL e della FIOM; non una parola contro l'antisemitismo, per i diritti degli omosessuali (qualche grillino ha equiparato anzi le nozze gay a quelle tra animali); non una parola critica verso i vertici economici. Tanto anticlassismo falso, tutto indirizzato verso i politici (facendo di tutta l'erba un fascio, come se Ferrero fosse uguale a Speroni) e nessuna identità di classe. Tanta attenzione per il proprio orticello e nessun accenno di internazionalismo, anzi, l'europa puà andare affanculo pure lei e i francesi sono tutti finocchi. E infine tanto dire cosa non si è per non dire cosa si è davvero.
Perchè se dovesse dirlo davvero, cos'è, Grillo si troverebbe forse vicino sul serio a quell'anarcoliberismo a cui l'accostano Wu Ming e altri.
Io da parte mia ci vedo tanto quella corrente proudhoniana che sorse nella comune di Parigi tradendone lo spirito socialista: miti borghesi fautori del mutualismo, adoratori dell'uomo che fa impresa di sè stesso ricevendo contributi pubblici e generando benessere tramite la  produzione, nemici dello stato e sostenitori del ritorno alle città autonome e non governate, per dirne alcune. Questo, misto ad un certo rampante e modernista yuppismo, la cui faciloneria trascende da ogni atteggiamento dei "nostri" attivisti.
Non so se le accuse di criptofascismo che alcuni muovono alla STRUTTURA del movimento (non alla base, questo desidero sia messo bene in chiaro) siano fondate o meno. Magari parlare di criptofascismo è un tantino esagerato, ma la tentazione viene, quando ci si trova di fronte all'ennesimo culto della persona ("Grillo, salvaci te!") e a certe declamazioni reazionarie da parte di un popolino confuso ma aggressivo. In ogni caso -se non possiamo dare una definizione univoca di ciò che è il movimento- possiamo invece dire cosa non è.
Non è sinistra.
Non è lotta.
Non è un movimento controculturale.
Non è internazionalismo, nè socialismo.
Non è dalla parte dei poveri o dei lavoratori.
E' un flashmob che si compone di due moti. Uno proprio, orizzontale, come un cane che si rincorre la coda, nel quale gli attivisti se la cantano e se la suonano tra loro, gettando disprezzo ora sui loro padri colpevoli di avere le pensioni ora sui politici colpevoli di essere politici. L'altro, estrinseco e verticale ma non verticistico, che punta all'affermazione di un qualcosa che è ancora da delineare, ma che per ora non fa presagire nulla di rivoluzionario. Anche perchè: se non sempre giovane vuol dire capace, non sempre nuovo significa migliore.

CONCLUSIONI


Questo articolo è frutto di ragionamenti, letture, confronti ed analisi. Ho letto, parlato con rappresentanti del movimento (ricevendo quasi sempre insulti in cambio di domande) e non. E' il frutto della mente di molte persone, e molti concetti non avrei potutto trattarli se non fosse stato per le lucide parole di Pasolini, Wu Ming, Luttazzi e tanti altri.
Questo articolo riflette tuttavia le mie peronali impressioni (più che convinzioni) su di un fenomeno di massa ancora incerto per molte caratteristiche.
Nel tratteggiare questo fenomento, desidero rimarcare che le mie considerazioni si riferiscono SEMPRE alla struttura astratta di tale fenomeno e non hanno nulla a che vedere con le SINGOLE PERSONE che di questo fenomeno fanno parte.
Certe cose è bene rimarcarle sempre, si sa mai.

 

lunedì 25 febbraio 2013

Per non tacere per sempre


Lo dico da subito, questo non sarà un post divertente o faceto.
Questo post ha una precisa identità politica, come il valzer di Guccini, per cui chi non è interessato può andare immediatamente oltre.
Questo post riguarda fatti che hanno avuto luogo dieci e più anni fa, e fatti che hanno avuto luogo pochi minuti or sono.
Questo post riguarda la coscienza.
Ma vengo al dunque.
Il dunque è: c'era la Fallaci a fare il Grillo, nel 2002.
C'erano Silvio e Fini e Casini, c'erano organi di propaganda e di sistema. Oggi siamo tutti Grillo, e ne cantiamo le lodi, la giovinezza di fascistissima memoria, giovinezza politica, beninteso, e l'onestà, mai comprovata ma supposta, come supposte sono quelle cose sfuggevoli che ti ritrovi d'improvviso su per le trombe del culo, e che non sai se ti fanno bene o male, ma al momento ti regalano un elegante fastidio nella deambulazione.
Nel 2002, in piena belle èpoque, eravamo circa due milioni di persone ad intasare le belle strade di Firenze. Una Firenze che era stata dipinta come assediata dai noglobal, dai blecbloc, dai terroristi e dai fascisti rossi.

Oggi c'era piazza San Giovanni (dico oggi per licenza di stampa) violentata da quasi un milione di derelitti in cerca di un'identità che solo un vecchio comico che faceva gli spot per la Yomo ha saputo dare.
La maggior parte di tali derelitti sono persone -per carità- oneste e tranquille, animate da un sincero fervore rivoluzionario e da una giusta sete di verità e decenza. La maggior parte di queste persone -incidentalmente- non capiscono una sega nulla di politica, ma questo è un argomento a parte.
Vorrei invece sottolineare un fatto fondamentale: la maggior parte di queste persone, negli ultimi venti anni, ha votato per l'uno o l'altro schieramento.
E questo li rende responsabili e correi di tutto quanto tali schieramenti hanno -a torto o a ragione- cagionato in questi anni.
Ma queste persone pensano di aver scelto la novità, sciacquando i propri peccati nel rio grande del mitico movimento con le 5 stelle, scordandosi di quando avevano vergato il proprio segno sulla bandierina di forzitalia o di quando avevano accettato il lavoretto in comune per il pd, come tutti quelli che rinnegarono il fascismo nel 1945.
Si potrebbe dire che questo già basterebbe per bollare tale esperimento di naufragio democratico come una malcelata lavata di coscienza di tutti quei tangheracci che avevano mal indirizzato il proprio voto, ma non è così.
C'è di peggio.
E non è neppure il sibillino richiamo a fascistissime memorie, che prorompe da taluni di questi esponenti della nuova libertà antipolitica (tra l'altro: politico vuol dire soltanto "cittadino"), non è la mancanza di chiarezza nella scelta dei rappresentanti, le aperture all'estrema destra, il vilipendio per ogni confronto democratico, l'utilizzo delle piazze come un manganello per colpire l'informazione, il qualunquismo militante o il populismo becero di alcune risibili proposte -prima tra tutte il referendum per USCIRE dall'euro-.
No.
Il peggio è che dieci anni fa Grillo era la Fallaci.
E mi spiego meglio.
Dieci anni fa milioni di giovani si preparavano politicamente per comprendere il funzionamento di un mercato globale, ascoltavano le lezioni di Chomsky, si confrontavano con l'internazionalismo, col socialismo reale, col marxismo e con l'economia sostenibile.
Il loro giusto risentimento era sostenuto da una base d'ethos, per così dire, da un indirizzo preciso e strutturato. Non era un esser contro solo per esser contro, ma per costruire un qualcosa di ben preciso, in ultima analisi.
Contro di loro, le grida isteriche e ignoranti di una vecchia signora che paventava il rischio anarchico e terrorista e invocava soluzioni itleriane e sospensioni delle libertà individuali.


Ecco.


Magari sarà solo il pensiero di un vecchio disilluso, di un eterno sconfitto, ma in certe dichiarazioni e in certi atteggiamenti, io rivedo...
Nel grido "sono tutti uguali" rivedo l'uomo qualunque di morettiana memoria.
Nelle epurazioni di partito rivedo fasti dannunziani.
Nelle grida antieuropeiste rivedo quell'autarchia stupida di grani falciati e fiumi guadati a petto nudo.

Nei richiami continui alla povera piccola e media industria di questa minchia rivedo il borghesismo salso e arrogante che ha ammorbato il bel paese negli ultimi decenni.
E nel poi si vedrà rivedo il pressappochismo tipico delle destre irresponsabili che guardavano solo al proprio piatto.
Se ne vadano giustamente nel culo i piccoli imprenditori che hanno voluto il libero mercato e poi se ne lamentano, i milionari che pretendono di rappresentare i poveracci e i poveracci che pretendono di diventare rappresentanti dei milionari, i giovani, i pressappochisti e i rivoltosi in maniche di camicia, se ne vadano pure nel culo i nuovi verdi vegani, i pannellisti fotovoltaici e quelli che -banalmente- si giustificano con una presunta mancanza di scelta.
Dire che non ci sono alternative credibili è una mera scusa.
Se pasolini potesse vedervi, signori miei, altro che prendere le difese dei poliziotti...
Il distaccarsi dalle posizioni è sempre stato appannaggio di chi aveva una posizione insostenibile, e l'internazionalismo è sempre stato un pregio, ma c'è chi oggi lo considera un pericoloso difetto.
In defnitiva: oggidì abbiamo scoperto che i giovani vogliono la novità, come volevano la novità i fascisti negli anni venti e i nazisti in germania, che i Ggiovani rifiutano il confronto credendo -bontà loro- di aver nelle tasche una verità indiscussa, che i partiti che hanno liberato l'italia dal fascismo sono solo un vetusto orpello e che la parola antifascismo non deve essere neppure pronunciata, perchè tanto è gia stata scritta nella costituzione, che ce ne frega di ribadire il concetto.
Abbiamo scoperto che il secondo (o primo) partito d'italia è contro i partiti, che basta urlare durante una simbolica marcia su Roma per conquistarsi simpatie e che non importa dire cose sensate, basta dire cose, e la gente -che è un animale stupido- ci viene dietro. 

Abbiamo udito il popolo becerare contro chi occupava i seggioloni, invocando un vago "tutti a casa", e abbiamo visto che a casa non c'è andato nessuno, anzi, magari il seggiolone se l'è preso qualcuno che disprezzava l'ordinamento vigente. 
E mi sembra -ma mi sbaglierò- che tra i ragazzi che affollavano i vecchi forum sulla globalizzazione e i faciloni che battono le mani all'arruffapopolo di turno ci sia -esattamente- come tra il proverbiale culo e le proverbiali quarant'ore.
E mi pare di potervi dire, in verità come Gesù, che se la Fallaci fosse stata viva e vegeta avrebbe votato per il nuovo guru della politica popolare.
E forse l'avrebbe fatto anche Benito.