giovedì 25 settembre 2014

Easy come, easy go




Gli inglesi la chiamano Mutt and Jeff, gli americani l'hanno pure inserita nel manuale di addestramento della CIA, è una storiella vecchia come il mondo che da noi ha il consueto nome di "sbirro buono e sbirro cattivo".
Good cop/Bad cop.
Funziona. Se non funzionasse non la conosceremmo neppure, non l'avremmo vista in mille film, non farebbe parte del linguaggio comune, non sarebbe utilizzata negli interrogatori. Sarebbe come l'alligatore albino: una leggenda metropolitana. E invece esiste e funziona, e tutti noi abbiamo o abbiamo avuto una prova dei suoi effetti nella nostra vita. Magari l'abbiamo pure usata, magari l'abbiamo subita, in maniera più o meno consapevole, più o meno evidente.
E dato che funziona è stata subito presa in prestito dalla propaganda politica, che negli ultimi anni ha iniziato a mutuare il linguaggio del marketing e della pubblicità e a far sue certe tattiche di vendita e di pressione tipiche dei venditori porta-a-porta  e del potere esecutivo.
Pubblicità e sbirri.
Non c'è da stupirsi, d'altronde: in un mondo che è stato inglobato da una bolla consumista, il vecchio assioma del "produci, consuma, crepa" è diventato "convinciti di dover produrre e consumare e se non ti convinci ti convinciamo noi con le buone o con le cattive".
Ma ora arrivo al punto.
Pensavo ad una cosa un po' strana, o almeno a me sembra tale. Mi stavo chiedendo perchè mai, all'interno di un partito di maggioranza, tutti i vari dissidenti che tuonano contro la linea del governo non prendono la porta e se ne vanno nel gruppo misto.
Certo, direte voi, all'interno di un partito esistono correnti e libertà di pensiero, poi si vota e si sceglie una linea maggioritaria.
Giusto, o quasi giusto. Diciamo che il discorso fila finchè le correnti vengono rispettate, tenute in considerazione e ascoltate con attenzione pure dalla parte maggioritaria, che dovrebbe arrivare a una mediazione tra le varie posizioni e non imporre tout-curt la voce del padrone. E fila finchè il dissenso è di volta in volta su un punto o su un altro, non sull'intera linea di governo.
Perchè se non sei d'accordo su nulla è inutile cercare di mediare, no?
E allora ecco i dissidenti che tuonano contro la legge elettorale definita una porcata incostituzionale, ecco i dissidenti che sbraitano contro la riforma del senato, oppure che si inalberano contro le ipotesi di abolizione dell'articolo 18. Solo per dirne tre, ma da qualche mese a questa parte c'è una certa area del partito di maggioranza -che si autodefinisce di "sinistra"- che è in totale disaccordo su pressochè ogni argomento trattato dal governo.
Questa sedicente sinistra è sempre in odor di scissione, evoca sempre congressi, minaccia voti contrari e crisi di governo. Ma poi alla resa dei conti, i vari Cuperlo, Civati e compagnia cantante si allineano e votano -obtorto collo, a sentir loro- per l'emendamento di maggioranza.
Quello che mi pare strano è che, dall'inizio della corrente legislatura, non ci sia stato uno solo tra parlamentari o senatori di questa maggioranza che abbia deciso di non stare al gioco e di andarsene nel gruppo misto.
Nemmeno uno.
Possibile? Anche a livello statistico, dico.
Mi suona strano, che un Corradino Mineo per esempio -che di certo non ha bisogno del vitalizio o dello stipendio da parlamentare per campare benissimo- non abbia avuto un moto d'orgoglio e non abbia mandato bellamente a quel paese il presidente del suo partito, reo di destrosità e di deriva fascistoide.
E allora m'è venuta a mente -tardi, io ci arrivo sempre dopo- la storiella del poliziotto buono e del poliziotto cattivo. Mutt and Jeff.
Con Matteo "Mutt" Renzi a fare la parte dello sbirro cattivo, che decide tutto lui e fa le riforme anche in maniera violenta (ce lo vedo, sì) e Pippo "Jeff" Civati che invece rassicura l'elettorato di sinistra che no, ci pensano loro a vegliare sulla sinistrosità del parito.
Alla fine hanno uno scopo comune, nonostante sembri che siano a i ferri corti, e lo scopo comune è ottenere ciò che vogliono da quello che viene torchiato.
Che poi sarebbe l'elettorato.
Fin qui ci siamo no? Voglio dire, è solo un'ipotesi, non ho certo la pretesa di rivelare le sacre verità sulle tavolette del Mar Morto, ma proviamo a seguire questo ragionamento e vediamo cosa ne esce.
E ipotizziamo allora che governo e dissidenti siano due facce della stessa medaglia: una piace a quelli più a destra, l'altra a quelli più a sinistra. Se non ci fosse la seconda faccia, un bacino di potenziali elettori di sinistra, diciamo almeno 5-6 milioni?, potrebbe decidere di non votare più.
O peggio, di votare Grillo.
O peggio ancora, di rifondare una sinistra vera in Italia, cosa che Grillo tendenzialmente impedisce (ma questo è un discorso già affrontato) e questa cosa farebbe venire un trabocco di bile ai mercati.
Insomma: Renzi e Civati sono semplicemente due poliziotti, due strumenti funzionali ad un potere più grande, all'intero corpo di polizia per intenderci, che li usa per ottenere dei risultati o per lo meno ci prova. Renzi non decide nulla, come Civati non se ne andrà domani. Non contano nulla: sono solo sbirri. Fin qui mi seguite?
Bene.
Ora, uno si chiederebbe: cosa cercano di ottenere? Intendo non solo lo sbirro buono e quello cattivo, intendo proprio l'intero corpo di polizia, tutta l'interpol a voler guardare le cose con ottica "europea".
La domanda fatidica: "Cui prodest?". Chi ci guadagna?
Insomma, che sta succedendo?
Tanto per cominciare, dico subito una cosa, prima di arrivare a tentare di rispondere a questa domanda. E vi dico chi non ci rimette.
Evasori fiscali, corruttori, chiesa cattolica, imprenditori che fanno lavorare gli immigrati al nero.
Niente, non una parola: il problema dell'italia è evidentemente il bicameralismo.
Avete mai sentito Renzi o Civati dire una parola che sia una contro la mafia?
Contro questa organizzazione che da decenni traffica con la politica, indirizzandone le scelte, minacciando con le stragi, gestendo il sud come un personale feudo delle varie cosche?
Rileggetevi Sciascia, quello degli anni 60-70, e vi sorprenderete di quanto attuale sia.
Niente, la mafia nel mondo di Renzi non esiste, al limite è un argomento buono per storielle di lupara e di strani rituali relegata in un mondo immaginario.
Il problema è l'articolo 18. E' li che si deve agire per "rivoluzionare" questo paese, per cambiarlo radicalmente.
Bene, allora uno si inizia a chiedere perchè, perchè mai tutto questo accanimento su cose marginali e in ultima analisi disutili? Perchè la riforma del senato? Perchè togliere l'articolo 18? A cosa serve, si è mai visto creare un posto di lavoro dalla precarizzazione del  mercato dell'impiego da 15 anni a questa parte?
No.
Quindi di cosa stiamo parlando? Di cambiare tutto perchè non cambi niente?
Quasi, anche di questo. Sicuramente anche di piccoli giochi di poltrone e di
spiccolo potere, di lobbismi e di varie altre amenità, ma credo che dietro ci sia qualcosa di più grande e più sottile. E lo credo perchè più che ai contenuti da un po' di tempo faccio caso alle parole.
Che sono importanti.
Mentre tutti marciano al ritmo dei "fatti compiuti", si è persa l'importanza del linguaggio e della narrazione. Ma guardate bene, state attenti, le parole non sono sciocchezze e il modo in cui vengono raccontate le cose cambia voi e il vostro modo di pensare. Moretti disse: "Chi parla male, pensa male e vive male". Ecco, ma non solo: chi ascolta sempre le solite storielle semplificate e adulterate finirà per farle sue e riproporle come farina del proprio sacco. Voi siete cambiati, a livello cognitivo, nell'impalcatura stessa del vostro ragionamento e delle vostre convinzioni, da quello che sentite raccontare e da come lo sentite raccontare. E non ve ne siete accorti.
E cosa ci sentiamo raccontare da anni?
Un paese immaginario, fittizio, che non esiste. Un paese semplificato. Lo dice pure Renzi: "Dobbiamo rendere l'Italia più semplice".
Qui non c'è spazio per il confronto, per la concertazione, per la mediazione. Non c'è spazio per le difficoltà, per le complessità da "professoroni".
Questo è l'unico governo possibile -si sente dire- non ci sono alternative. Come se vivessimo in Corea del Nord, come se non ci fossero altri partiti, o almeno la possibilità di fondarne di nuovi, se quelli che ci sono non ci piacciono.
Ci raccontano di un paese sempre diviso a metà, tra i "gufi" e "quelli che ci credono". Tra i "vecchi" e i "giovani". Tra chi ha le tutele sul lavoro (anche troppe) e chi non ne ha o non ha nemmeno il lavoro. Tra bene e male.
Così è troppo facile scegliere da che parte stare: si sta sempre dalla parte del bene, della speranza, della giustizia. Messa così è un po' una truffa, no?
D'altronde è una strategia che paga anche a livello globale: da una parte noi, poveri italiani, dall'altra le orde di immigrati pulciosi e ingrati che vengono a rubarci il lavoro. E se non c'è per noi -dice l'elettore medio- figuriamoci per loro. Da un lato la perfidia dei terroristi islamici, che decapitano gli occidentali, dall'altra le forze del bene e della rettitudine, che se macellano qualche centinaio di bambini durante i bombardamenti intelligenti lo fanno almeno per una buona causa.
Son danni collaterali.
La logica della contrapposizione, nella quale ognuno di noi può trovare un nemico fatto ad arte: il terrorista, l'immigrato, il vecchio che ruba il posto di lavoro o il giovinastro drogato e bamboccione. Una contrapposizione però in realtà fasulla, perchè basta mettersi dalla parte opposta della barricata per accorgersi che le cose vengono viste in maniera speculare.
E allora per alcuni arabi i terroristi sono i diavoli americani, che bombardano le loro case e da decenni colonizzano i loro paesi. Per l'immigrato siamo dei ricconi razzisti che -invece di dare una mano a chi magari fugge dalla guerra-  preferiscono sputare addosso a chi è di colore diverso. Per il vecchio i giovani son tutti spalletonde e lavativi, per i giovani i vecchi son tutti dei rincoglioniti.
E' una storia vecchia come il cucco, come quella di Mutt and Jeff. Una variante moderna del divide et impera. Mettili uno contro l'altro, semplifica, e vedrai che ti lasceranno fare ciò che vuoi.
Perchè le uniche vere divisioni di questo paese, e alla fine del mondo intero, non sono quelle che ci raccontano, non sono quelle tra chi è veloce e chi lento, chi moderno e chi antico, chi riformatore e chi conservatore.
No.
Sono quelle tra onesti e disonesti, tra chi paga le tasse e chi le evade, tra chi spalleggia criminali e mafiosi e chi li contrasta. Tra chi il potere lo detiene e chi lo subisce.
Ma ancor di più, a voler riassumere: tra ricchi e poveri.
E' tutto qui. Volendo pure questa è una semplificazione, ma è solo una base di partenza, non è l'arrivo, attenzione. E' da qui che si parte a fare un ragionamento complesso.
"Chi ha i soldi se li tiene" è un vecchio adagio che calza alla perfezione in questo caso, o davvero credete che gente come Marchionne o Briatore siano dei munifici benefattori?
Davvero non vi è saltato all'occhio che gli unici consumi che sono aumentati sono quelli dei prodotti di lusso?
Davvero non avete letto fior di analisti affermare che -negli ultimi venti anni- le disparità economiche nel mondo capitalista sono aumentate, mentre ci avevano raccontato che col libero mercato si sarebbe diventati tutti ricchi?
Davvero non arrivate a capire che la quantità di soldi nel pianeta, che è un insieme chiuso, è una cifra discreta e finita. E' un TOT. Se ne tolgo a qualcuno, vuol dire che li do a un altro, non è così complicato. I soldi che non avete più in tasca voi sono da qualche altra parte, forse dovreste iniziare a chiedervi dove.
Ma adesso si divaga, mentre sarebbe il caso di tornare al punto di partenza.
Avevamo detto: Mutt and Jeff, sbirro buono e sbirro cattivo.
E ci eravamo chiesti perchè, perchè mai. Perchè -per esempio- tutta questa manfrina sull'articolo 18?
Guardiamoci in faccia: hanno ragione anche quelli che dicono che in effetti non è il problema, toglierlo o meno. Voglio dire... toglietelo pure, che cambia?
I nuovi assunti non avranno mai questo genere di tutele. Con le nuove riforme del lavoro accumulate negli ultimi anni in pratica funziona così: ti assumo a tempo indeterminato, ti rinnovo il contratto per 3 anni, e allo scadere del terzo, quando dovrei farti il cosiddetto contratto a "tutele crescenti" ti do una pedata nel culo e ne prendo un altro.
Non è una ricostruzione pessimistica: è quello che succede già oggi, articolo 18 o meno. Chi c'è passato lo sa, per gli altri credo che non sia uno scenario così difficile da immaginare: lo capirebbe pure un bambino, ma se non ci credete andate a rivedere i dati sull'occupazione, non pretendo di essere creduto sulla parola. Vi accorgerete che solo una infima percentuale di contratti a tempo determinato è diventato col tempo lavoro a tempo determinato, cioè il vecchio "posto fisso", il resto è un'umanità fatta di precari, di 40-50enni che si arrabattano con lavoretti sempre più degradanti e sempre peggio pagati.
Ci dicono che il mercato oggi è così e non ci si può far niente.
C'è addirittura chi ha detto che la politica oggi può fare un solo tipo di scelte: quelle liberiste. E infatti non è che si veda tutta 'sta differenza -che so- tra il governo Sarkozy e qullo di Hollande.
Quindi ripeto: perchè accanirsi sull'articolo 18, che viene dipinto da molti come un "totem" (parola svilente, che evoca il freudiano "totem e tabù" da un lato, arretratezza culturale primitiva dall'altro)?
Perchè questa foga improvvisa, questo decisionismo di stampo fascista, volto ad eliminarlo dalla faccia della terra addirittura per decreto e addirittura contro il proprio stesso elettorato?
Perchè anche questo fa parte del complesso di norme e provvedimenti che -iniziando con le telecamere ai bancomat- ci ha fatto mettere la catena al collo con le nostre stesse mani.
Mi spiego meglio, che tanto siamo alla fine del ragionamento.
Lasciate un attimo perdere l'articolo 18 e pensate alle leggi speciali "antiterrorismo" che la gente chiese a gran voce in tutto il mondo dopo l'11 settembre. Vi ricordate? Bene.
Quelle leggi -in seguito in buona parte sospese- non servirono certo a contrastare il terrorismo, figuriamoci. Non mi pare che oggi, nel 2014, la situazione sia molto migliorata da quel punto di vista. In alcuni casi però servirono a chi deteneva il potere di perpetrare abusi di ogni tipo. Ma anche questo è un fatto marginale, un semplice corollario: non dovete arrivare all'affrettata conclusione che i poteri (se si può dire così, passatemi la brutta espressione) abbiamo bisogno di leggi "speciali" per reprimere il dissenso: lo fanno già benissimo con quelle ordinarie.
Certo, poi se gli dai ancora più libertà non gli pare vero, ma insomma...
Torniamo ai giorni nostri, in Italia.
Ragazzi a scuola che non possono più far sale e che vengono monitorati a distanza coi telefonini. Prendi un 5? Ti arriva il messaggio a casa.
Nella bozza del cosiddetto Jobs Act è presente la norma che prevede l'uso di telecamere e altri dispositivi per controllare le maestranze.
In quella del pubblico impiego la norma che consente a chi dirige di spostarti di ufficio anche di 50 chilometri ogni volta che gli aggrada.
Badate bene, non importa il numero di chilometri, fossero pure due centimetri si sta parlando di consentire a qualcuno di prendere decisioni su di un'altra persona e di poterne disporre come vuole.
E poi si arriva all'articolo 18.
E in pratica si dice: il padrone può licenziarti in qualsiasi momento per qualsiasi motivo, quando più gli aggrada. Il messaggio è: sei solo merce.
Il significato di questa proposta (o legge, se legge diventerà) non è da ricercarsi a livello economico o occupazionale.
Queste discussioni hanno un significato etico, simbolico. Che vengano realmente approvate o meno queste norme è ininfluente. E' il modo in cui se ne parla, la discussione stessa il punto fondamentale. E' questo quello che Mutt and Jeff vogliono.
Il potere della discussione sull'articolo 18 è semplicemente modificare a livello cognitivo la percezione che voi avete di voi stessi.
Farvi accettare l'idea che voi siete merce senza diritti.
Far si che voi, un domani, siate i primi ad invocare leggi speciali, sospensioni dei diritti, che vi vediate come semplici ingranaggi di un gioco più grande nel quale non potete avere un ruolo.
Togliervi la dignità di essere poveri e la voglia di alzare la testa, la convinzione di avere diritto ad una vita felice e ad un lavoro onesto ed equamente retribuito sul quale fondare una vita e un'identità.
Un mondo di schiavi contenti del collare che loro stessi si sono infilati.
Il precariato che i mercati ci impongono non è un posto di lavoro flessibile o poco sicuro, ma una condizione mentale, una rivisitazione dei canoni umani, una controrivoluzione che -dopo quella dei lumi e dell'umanesimo- vuole farci tornare ad una servitù non già della gleba ma del consumo e dei media.
L'economia al centro di tutto, l'uomo al suo servizio. E' un discorso abusato ed inflazionato, ma mai così attuale: specialmente in questo momento di crisi eocnomica, nel quale il sistema (nell'accezione nixoniana del termine, non in quella complottista, beninteso) tende a salvaguardare automaticamente sè stesso. E invece di mettersi in discussione e di cambiare, tenta di mettere in discussione voi, di cambiare il paradigma che abbiamo non soltanto di "lavoratore" o "consumatore", ma -temo- di umanità vera e propria.
Certo, potrei sbagliare. Sicuramente in questo ragionamento fatto e scritto di getto ci saranno anche delle falle, dei punti poco scorrevoli, a qualcuno sembrerà vetusta retorica.
Ma posso solo dire, ancora una volta, che dovete stare molto attenti.
State attenti alle parole che vengono dette, alle discussioni che vengono fatte e a come queste discussioni modificano la percezione non che voi avete del mondo, ma che avete di voi stessi come parte di questo mondo. E chiedetevi -magari- se preferite cambiare la vostra identità per mantenere un sistema sempre più spersonalizzante e oppressivo, oppure se volte fare esattamente l'opposto.


E poi, scegliete la vostra parte.

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