martedì 8 febbraio 2011

Lost in Rijeka

 Nuova immagine bitmapDiceva Hattori Hanzo, quello di Kill Bill interpretato da Sonny Chiba, non il condottiero del XVI secolo, che la vendetta non è mai una linea retta. E' una foresta, e come in questa è facile perdersi, dimenticare la strada. Da dove si è partiti, dove si deve arrivare. Per questo Beatrix si prepara una mappa, un foglietto con su scritto chi deve ammazzare, e via nel sole.
Un pò minimalista come mappa in effetti. E infatti, se proprio si deve essere attenti al succo, e io credo che lo si debba, si può definitivamente dire che Beatrix in questa foresta ci si perda allegramente.
Sì, certo, sa da dove parte. Sì, certo, sa dove vuole arrivare (e ci arriva). Ma il percorso che si sceglie spesso è molto più importante del traguardo che si vuol raggiungere, come già ebbi a dire.
Ma mi piace citarmi, mi dà quel tocco di non so che.
Insomma, per non tornare a fare il Divago, alla fine pure lei se lo chiede... mi sarò mica persa?
Ci voleva una bella cartina, ci vorrebbe a tutti una bella cartina, per districarsi nei casi della vita.
Con tutti i PNG che dobbiamo incontrare, tutte le strade che si diramano, tutte le scelte e le biforcazioni che (come vedremo in seguito, e lo vedremo perchè è importante) creano infiniti universi possibili.
Roba da perderci la bussola. Appunto.
O la Trebisonda, che altri non era che il punto di riferimento di quesi turcheschi che navigavano nel Mar Nero, sia destinata al fallimento la loro genìa malsana.
Peculiare come si utilizzi sempre un modo di dire che concerne l'orientamento, quando si vuol dire che non siamo più lucidi.
Ma le peculiarità non sono appannaggio di tutti, hèlas, e alla fine ci tocca aver a che fare con una miriade di ronzoni impazziti che ci sciamano intorno, picchiando capocciate nel vetro della nostra indifferenza, mentre con una mano annojata ci facciamo largo tra cotanta insensata cocciutaggine.
In mancanza di una mappa o -per i più nerd- di un bel navigatore che ci guidi per le tenebrose valli delle vendette trasversali e per i solatii altipiani dell'amore (cuore-fiore-odore, e col romanticismo per oggi s'è dato), ci dobbiamo accontentare della segnaletica della vita.
Che per carità, esiste, ma è ben nascosta.
E oltretutto, non sempre serve: come dicono i Nippi, una cosa è conoscere la strada giusta, un'altra cosa è imboccarla.
Come mi successe a Fiume, sia stramaledetto il suo assessore al traffico e sia stramaledetto anche D'Annunzio.
Non so quanti di voi siano stati in quel formicaio, ma io sì, ci sono stato, ed è per puro caso che sono riuscito anche a trarmene e che ora posso scrivere questo articolo, perchè se non fosse stato per un colpo di fortuna ora sarei sempre lì, avrei imparato il croato e mi chiamerei Braskic. Che poi non sarebbe nemmeno male.
Ma dicevo: provate ad entrare in Fiume e a seguire i cartelli. Diciamo quelli per Spalato. Bene, il primo vi dirà di andare a sinistra, e voi: sinistra. Poi uno vi dirà di andare a destra, e voi: destra. Poi più nulla per tre incroci, alla fine ancora sinistra, voi girate speranzosi, e vi trovate -con grande perplessità della vostra navigatrice- in una strada chiusa nei Ghiaccioni Slavi, con tre giostrai sfregiati che guardano con sospetto la vostra targa inequivocabilmente italiana e quindi: coloniale. Ma io mi trassi d'impaccio grazie alla mia avvenenza e al mio savoir-faire, e se volete vi racconterò anche come, un giorno... è una storia lunga e c'entrano una girandola magica, tre topi scodati, un vecchio drago arteriosclerotico che si pisciava sui sandali e la guida provvidenziale di una Fatina del Moccio in stato di grazia.
Quello che questa storia ci insegna è: nella vita, come nella strada, non sempre ci sono cartelli a indicarci cosa fare, e anche se ci sono ricordatevi una cosa.
La mappa non è il territorio, e la ics non indica sempre il punto in cui scavare. Ricordatevi questo, e già sarete a metà dell'opera ed eviterete di annaspare come i ronzoni umani di cui prima.
Direte voi: sì, bè, non è di grande aiuto.
Ma nessuno ha mai detto che questi articoli debbano essere di aiuto. Così è, se ve ne cale, come avrebbe voluto scrivere Guglielmo S., se solo avesse saputo l'italiano.
Cercate i segni giusti, i segnali che vi vengono dati, e da lì cercate di capire cosa vogliono dire.
Un cane rabbioso vi sta aspettando al varco davanti al portone di casa vostra? Segno che dovevate rimanere a mangiare una pizzetta fuori. Trovate per la strada una cartolina dal cosmodromo di Bajkonur? Ecco la risposta alla domanda "Dove andiamo in vacanza?". Sognate "la mana"? Giuocate il 5. Più facile di così. Come diceva anche Bohr: non ci credo ma funziona.
Certo, funziona per voi, che la prendete per ischerzo.
Ma funziona anche per tanti tapinastri che la prendono sul serio. Perchè se avete letto bene, "a buon imprenditor eccetera eccetera".
Infatti, cari Lettori miei (dopo 11 articoli inizio a prendermi un po' di confidenze, e siatene contenti), se si deve prendere in esame la segnaletica della vita e tornare alla metafora della strada, due sono le categorie di persone che di tale segnaletica non hanno bisogno: i ciclisti e gli aviatori.
I primi m'hanno sempre raggelato il sangue. Quei pazzi scriteriati, incassati su quelle carrette a due ròte, che stanno ritte solo per l'intervento diretto di qualche diavolaccio sudanese o della macumba brasiliana, riescono ogni volta a farmi trasalire.
E' più forte di me: ho provato anche a divertirmi -da bimbo- con quegli arnesi. Ho provato a camuffarmi, a sembrare normale, a considerare esilarante lo sfilarmi sul brecciolino, ad ingòllare moscini a velocità garganesche, ad entusiasmarmi per una derapata e a stupire le pupe con impennate che mettevano a rischio il mio epistrofèo... macchè. Appena giunta l'età della maturità, a 10 anni, ho abdicato le due ròte e mi sono dedicato alla contemplazione degli spazi siderei.
Ma c'è a chi piace: sicchè.
I secondi invece m'hanno sempre affascinato. Certo, tra comprarsi una bicicletta e un Bf109 è più facile la prima. Anche se è meno facile che ti rubino il secondo se lo leghi a un palo, quindi tutto ha una sua praticità.
Poi ci sarà di sicuro tra voi qualche furbastro che mi dirà: "Bè, la bicicletta sta su per intervento del demonio, e l'aereo no?". Eh no, cari pipy, l'aereo sta su per un meccanismo semplicissimo: ossia la portanza. Che si manifesta grazie al fatto che il profilo alare fa sì che l'aria che passa sopra debba percorrere più tragitto di quella che passa sotto l'ala, quindi debba andare più veloce, quindi crei una depressione che fa sì che l'aereo venga risucchiato su, nell'empireo celeste.
Facile, no? Ci arriverebbe uno zuccone qualsiasi. E mentre sto sempre qui a scervellarmi sul come mai la bicicletta stia impiedi e l'aereo no (informazione falsa), mi sovviene il perchè mai ho parlato di segnaletica della vita in termini metaforici e del perchè poi ho sollevato questo vespajo parlando di biciclette e aviogetti, andandomi a perdere anche ME per le tortuose strade della letteratura.
Facile anche questo: perchè biciclisti ed aviatori sono futuristissimi, ed essendo futuristissimi sono le uniche due categorie che possono allegramente fare a meno della segnaletica, quella metaforica e quella anche pratica. E il perchè ve lo dico subito: i primi semplicemente la ignorano, cercando di stirarvi sulle strisce con nonchalance.
I secondi invece non ne hanno proprio bisogno.

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