lunedì 4 giugno 2012

Aggiungi cane


Quando ti danno i domiciliari succedono due cose, almeno a me. Primo: ti viene improvvisamente voglia di uscire per recarti nei posti più improbabili a cavallo della tua torpedo nera, posti tipo l'abbazia di San Galgano o Castel del Monte. O andrebbe bene anche il venditore di brigidini alla fiera, che anche se è sito qui dietro per me è come se fosse nel lontano Catai. Secondo: si incrementano le letture e -del tutto proporzionalmente- anche il giramento di coglioni.
Ho ovviato all'inaccessibilità della torpedo nera scegliendo di dotarmi di uno di quei trabiccoli moderni che vanno sotto il nome di "velocipedi", una diavoleria sgorgata dritta dalla fucina di Mefistofele che molto probabilmente mi condurrà alla morte, se non ci pensa prima il dotto biliare. Magari sarà la concausa, l'ultimo colpo al mio apparato cardiaco vessato da mille dispiaceri come quello del povero Fuhrer. Magari sarà un camionista moldavo con l'effigie di padrepyo sul cofano. Potendo scegliere, sceglierei la seconda fine, ha decisamente più stile ed è più in linea col personaggio.
Per quanto riguarda le letture, ovviare è stato più difficile, dato che non posso certo spostarmi con agilità ad acquistar volumi, ma in un qualche modo ho risolto anche quello. Quando posso faccio incetta di libri, quando non posso leggo su internet. Ed è giusto su internet che stavo leggendo una sequela di facezie sul blog dei Paguri, tra uno studio del Libro di Zohar e una ripassata del linguaggio dei segni che fa sempre comodo, quando ho avuto un'epifania. Too old to rock'n'roll, to young to die. Questo il titolo del post e di un bell'album dei Jethro Tull. Troppo vecchi per il rock e troppo giovani per morire. Svolgimento: "Siamo diventati insofferenti ed intransigenti. Se una cosa non ci piace deve andare in culo". Epifania: un fulmine mi attraversa il cervello. Allora non sono io che sono misantropo. E' solo la vecchiaia. O meglio, sono sempre stato misantropo ma la vecchiaia ha peggiorato (o migliorato, dipende dai punti di vista) la situazione. Incuriosito e affatto solidale col pensiero di Pagani & Caluri insisto nella lettura ed ecco che si svela l'arcano: abbiamo passato troppo tempo a dare il beneficio del dubbio ad ogni cretino, a cercare di risolvere ogni situazione. Abbiamo sprecato un mucchio di energie a sopportare gente del menga, a dare nuove opportunità, a tentare di non elargire giudizi affrettati e a berci tutte le patetiche scuse che ci venivano presentate. Ora che il tempo inizia a scarseggiare non è più il caso di perdersi in simili cazzate: ergo, se una cosa non ci piace, deve andare in culo.
Parole sante.
E, per quanto mi riguarda, in culo ci devono andare in parecchi.
D'altra parte la vecchiaia ti insegna tante cose: a valutare le situazioni e le persone, a gestire meglio le risorse e -cosa non meno importante- a sbattersene con noncuranza del prossimo. Eh sì, sono diventato assai più prosaico. Non cerco più, se mai l'ho fatto, quell'anelito di bellezza nel creato: mi limito a cercare di comprendere il quadro d'insieme e evitare di essere sopraffatto dalla lotta per la sopravvivenza. Mors tua... Certo non ho perso la capacità di vedere in profondità, per così dire, di capire l'essenza delle cose, di non fermarmi alla superficie. Anzi, con l'età si affina l'abilità di andare dritti al nocciolo della questione, senza perdersi in sofismi adolescenziali e in frasi da baci perugina sul senso della vita, dell'amore, delle cose e dell'universo. Pian piano però ho anche affinato la capacità di vedere -come diceva il mio sensei- senza mettere a fuoco. Un po' come fa Messi quando gioca a pallina. Lasciare che la vista accolga il tutto in maniera indefinita per evitare di perdersi in un dettaglio insignificante a volte fa la differenza tra beccarsi una spadata dritta nel capo e riuscire ad evitare lo strale. A ben vedere, entrambi gli sguardi, per così dire, sono necessari a condurre un'esistenza lieta o ad uscire vivi da un campo di battaglia, eventualità quest'ultima che si rarefà vieppiù mentre ci inoltriamo nel terzo millennio, ma si sa mai... E' essenziale però capire quando si deve usare un metodo e quando l'altro, e questo è un dono che pochi hanno e anch'io non sono troppo sicuro di essere della partita. Diceva Tsunetomo, nel suo Hagakure, che un maestro una volta scrisse sul muro di un tempio (o di un dojo, chi se ne rammenta...) che bisogna considerare le cose importanti con leggerezza: il signore del feudo, uno shogun di cui non rammento il nome, scrisse sotto a questa frase che bisogna considerare le iniezie con gravità. Ecco, riuscire in questo proposito dovrebbe (e uso il condizionale obbligatorio) metterci al riparo per lo meno dalla nefasta tentazione di controllare ogni cosa e di gestire tutti gli aspetti della nostra esistenza.
Perchè esistono cose che -per definizione- sono ingestibili.
Gli imprevisti, le malattie, i sentimenti, le reazioni degli Estranei, l'andamento della borsa, i tunnel quantistici e via discorrendo. Per giungere alla situazione più grottesca che esista, ovvero il patetico tentativo di gestire la fine di qualcosa.
Che si tratti della fine di un economia, come quella che stiamo vivendo ora, della fine di una vita, della fine di una relazione o della fine di un impero, il risultato non cambia. L'illusione del controllo, la sensazione di fare qualcosa perchè finisca bene, senza grossi contraccolpi e come noi vogliamo è mera illusione: la fine è fine, e quando le cose finiscono finiscono e di solito è una cosa spiacevole. Niente di illogico o di trascendentale, si tratta di pura termodinamica. Entropia applicata alla vita di tutti i giorni: una volta che il dentifricio è uscito, non c'è modo di rimetterlo nel tubetto. E -vi prego- evitate di parlarmi di imbuti, che non è aria. D'altra parte, un insegnamento in questo ci viene anche dalla storia: prendiamo ad esempio la caduta dell'Impero di Occidente. Possiamo certamente definire il tentativo di Ezio, l'ultimo grande romano, di ritardare l'agonia dell'Impero sconfiggendo Attila ai Campi Catalaunici come un gesto nobile e coraggioso, per quanto disperato, ma la realtà storica è che è stato inutile. Anzi, forse pure dannoso, considerato il numero di vite umane lasciate sul campo di battaglia. E che dire del triste teatrino tra Odoacre e Romolo Augusto? Se l'Imperatore d'Occidente avesse mandato giustamente in culo il barbaro, rifiutandosi di consegnargli l'impero e magari assestandogli un calcio nei pelossissimi e ingiovibili testicoli, magari sarebbe morto qualche anno prima, d'accordo, ma ci avrebbe lasciato un'immagine migliore di sè e della fine di un mondo. E invece eccolo lì, a tentare di salvare la capra, i cavoli e il collo. Cosa che, va da sè, non gli riuscì poi tanto bene.
Meglio sarebbe lasciar che le cose vadano come devono andare e persistere nell'alimentare il disprezzo nel prossimo, piuttosto che allearsi con dei villani puzzolenti vestiti di pelli di cane (che fino a un mese prima bramavamo di colpire a morte con una vanga) al solo scopo di guadagnare qualche giorno o di far crollare il tutto con un tonfo più armonioso e morbido.
Diceva bene l'eroe dalla folta chioma, perdìo: muoia sansone, ma muoiano tutti i filistei.
Per cui, ben venga qualcuno che, alla prossima richiesta di un aiuto per l'economia (siamo in crisi, c'è il terremoto, l'undici settembre, le piccole imprese) emetta un rùto tonante in ghigna a questi avvoltoi e si dia alla macchia. Ben vengano quelli che, invece di portare un bòzzolo con le fattezze umane in pellegrinaggio a Lourdes, come vorrebbe il pastore tedesco, gli staccano la corrente e lo lasciano spengere come natura comanda. E ben vengano quelli che, lasciati dalla tipa o dal tipo, adottano come sistema per l'affermazione del sè una bella rappresaglia Kappleriana e rigano la vettura al bastardo. D'altronde, se l'alternativa è raccontarsi un mucchio di stronzate buoniste e ipocrite che servono solo a tenerci buoni il prossimo e non farlo incazzare e ripulirsi al contempo la coscienza misera e zozza (il paradigma italico dei tarallucci e del vino), bè, prefersico una buona dose di estemporanea e genuina violenza, che sia per rabbia, per vendetta o per il solo gusto dello spregio poco cambia. E' come dicevano i Paguri: siamo diventati intransigenti, andatevene nel culo.
In realtà esiste pur sempre una terza via. E, a guardare la Jugoslavia, non è poi così sbagliato cercare di imboccarla.
Se si guarda con attenzione, le uniche creature scevre delle malignità dell'animo, totalmente incapaci di mentire, prive di ipocrisia e inadatte al rancore sono le bestie. E, nella fattispecie, sto pensando ai cani.
Possiamo imparare molto da questi condomini per pulci. I loro bisogni primari sono molto semplici: cibo, cacca, cuccia e cagne. Le quattro C. Come dicevano i Fir Bolg, che erano un po' pulciosi anche loro, "flags, flax, fodder and frigg". Che è più o meno la stessa cosa: qualcosa per stare caldo, un posto per dormire, qualcosa da mangiare e qualcuno con cui accoppiarsi. Piuttosto elementare. Inoltre, sempre dai cani possiamo apprendere due comportamenti assai utili, che una volta facevano parte del bagaglio culturale di ogni nobiluomo, ma che oggi si sono un po' persi.
La capacità di levarsi di tra i coglioni quando non richiesti e -in special modo- quando si è evidentemente disutili e di intralcio (come facevano un tempo Inuit e Giapponesi e come più nessuno fa) e la capacità di leccarsi le ferite in santa pace, senza scomodare catene di santi, avvocati o schiere di leziosi conoscenti che assentiranno ad ogni vostra sortita solo perchè così bisogna fare (nel caso in cui voi siate uomini di sesso maschile) o perchè consolandovi e dandovi ragione possono provare ad infilarvisi nelle mutande profittando del momento di massima remissività (nel caso in cui voi siate uomini di sesso femminile). Ecco, più che di tanti discorsi credo che di questo abbia bisogno il genere umano: di più cani. Quindi: fatevi i cazzacci vostri, non raccontate -se possibile, almeno provateci- stronzate al prossimo e a voi stessi solo per mettervi in pace l'animo e datevi una bella lèccata.
E se non trovate ferite, meglio così: al più potete sempre fare come il cane di Betto.

2 commenti:

  1. Chi cazzo sono i Fir Bolg?
    Stauce in bicicletta?
    Davvero quando finisce qualcosa è un dispiacere? A volte finisce la fila alla sagra del carciofo. A volte finisce una canzone di Giusiferrèri.
    Come mai non mi posso gratta' anch'io il culo co' denti?
    Numerose sono le domande che ci tediano in queste grasse serate di scirocco fuori stagione.

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    1. Domande che rimarranno, ahimè, senza risposta, giacchè m'è finito lo spa

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