domenica 5 agosto 2012
Love in the time of IUPAC
Oggi sarò come Pipino.
O almeno ci proverò. In ogni caso, sono sempre stato logorroico e concentrato esclusivamente su quello che dico. Per questo mi piace fare grandiosi monologhi senza contraddittorio. Ma oggi si proverà ad essere concisi, per quanto l'argomento presenti oggettive difficoltà.
Tutte le discussioni, tutte le scoperte, tutte le cose che riguardano la dialettica e quindi il pensiero, ivi comprese le relazioni umane, nascono da una domanda.
Come mai le mele cadono dagli alberi? Ed ecco che scopriamo la gravità.
Chi ci ha creati? E ci figuriamo una pletora di divinità: abbiamo inventato le religioni.
Come posso alleviare questa sensazione di solitudine che mi pervade? E si inizia una relazione.
Ora, nel primo caso il metodo scientifico, che vi consiglio di andar a ripassare, ci garantisce che la risposta è corretta. Abbiamo fatto una domanda, vagliato le ipotesi, fatto degli esperimenti e confrontato i risultati. Questo ci ha portato nuove domande, a valanga. Ma il procedimento e i suoi risultati si sono rivelati esatti.
Nel secondo caso abbiamo fatto confusione. Abbiamo formulato un'ipotesi, ma non l'abbiamo verificata. Abbiamo falsificato i dati, ingarbugliato i conti per farli tornare. Abbiamo evitato di comportarci con logica e razionalità, come bambini bizzosi, e abbiamo deciso che la religione è una cosa diversa dalla scienza e che non può essere dimostrata. Un po' troppo comodo... seguendo questo precedente io potrei stabilire arbitrariamente, allora, che esiste da qualche parte nell'universo o al di fuori di esso una qualsiasi cosa che potrebbe o non potrebbe avere relazione con la nostra vita ma la cui esistenza è per definizione indimostrabile.
Sì, larillallero.
Se funziona davvero così e il metodo scientifico non vi interessa, la prossima volta che vi ammalate perchè non andate a farvi curare da un prete?
Ma andiamo oltre, e arriviamo al terzo caso.
Ecco, qui le cose si fanno più complicate, ma se ne può uscire lo stesso, con un po' di buonsenso.
Io non l'ho mai avuto, ma piano piano si impara.
La risposta alla terza domanda infatti può essere sia giusta che sbagliata, diciamo che ha bisogno di ulteriori controlli e di un atteggiamento che sia il più possibile neutro e imparziale.
Spieghiamoci meglio.
Prendiamola più larga.
Le persone fingono. Tutte. E le persone mentono. Tutte.
Siamo una manica di bugiardi e di ruffiani, questa è la triste verità. Non diciamo mai quello che pensiamo veramente.
-Com'è questo vestitino? -Un amore (Orribile).
-Come stai? -Bene (Come un cane bastonato ).
-Mi sono sposata. -Sono felice per te (Ti auguro che tuo marito ti metta incinta, poi ti faccia le corna con la tua migliore amica, poi ti lasci sola come un cane e tu muoia male e in solitudine.)
E così via.
Da un lato l'omertà sociale ci porta a giustificare quelli che ammettono di evadere le tasse, di essere assenteisti, di frodare il prossimo. Ci fa soprassedere su tradimenti, frodi, menzogne e inganni. Ci fa assentire con garbo quando all'orecchio ci giungono le teorie più stupide e disparate.
No, ma in fondo Berlusconi è un brav'uomo.
No, ma in fondo il tradimento non è così grave.
No, ma in fondo l'omeopatia funziona.
No, ma in fondo magari Dio c'è.
Facciamo schifo, siamo una massa di ipocriti. Facciamo sempre finta, finta di essere in accordo con tutto, perché siamo dei vigliacchi. Abbiamo paura di inimicarci il prossimo: la prerogativa è piacere a tutti i costi, anche a quello di annullare la propria personalità.
Sorridi sempre, sii amichevole, non essere polemico o pedante. Non criticare e non contestare mai nulla e nessuno. Sii la puttanella sociale che tutti vogliono e si aspettano.
Questo ci insegnano sin da bamini. Se hai un'opinione: tienitela per te. Quando poi diventerai ricco e famoso potrai anche esternarla e tutti approveranno, perché sarai potente, ma fino a quel momento uniformati al gregge.
Se non è "beeeeee", non dire altro.
E questo è quello che facciamo con gli altri. C'è anche il rovescio della medaglia: quello che gli altri fanno con noi.
Mentono.
Non dovete mai credere a nessuno.
Le persone vi saranno amichevoli per ottenere da voi dei favori.
Saranno gentili per paura di ricevere una sberla.
E vi faranno le moine per accoppiarsi con voi, nel caso siate attraenti o facoltosi.
Ti piace il cinema russo degli anni 20? Anche io ne vado pazzo.
Di che segno sei, del radiatore? Che combinazione: anch'io.
Adori le corse di paperi in fiamme? Ah, sono la mia passione.
E così via.
Voglio vedere quale sarà la persona (di solito: il maschio) che, col miraggio di un accoppiamento negli occhi, vi rivelerà candidamente: "Che? Di che segno sono? Perchè, te credi a queste cialtronaggini da tardo medioevo?".
Un'uscita del genere vi potrebbe condannare alle seghe a vita.
Bisogna fare attenzione, essere scaltri, saperci fare. E tenere sempre a mente che quando si inizia una relazione si entra in un campo minato, un agone politico nel quale entrambi i contendenti mentono in continuazione e fingono di essere persone diverse da quello che sono.
Mettiamo che incontriate un ragazzo/a.
Un perfetto estraneo, non conoscete i suoi amici o parenti, non conoscete il suo passato, non l'avete mai visto prima.
Cosa sapete di lui? Niente.
Vi potrà raccontare quello che vuole, potrà comportarsi come desidera, e se è abile vi infinocchierà perbenino.
Comprereste un'auto usata da Nixon? No, perchè lo conoscete.
Ma la comprereste da uno che non conoscete affatto e che, per quanto ne sapete, potrebbe essere anche PEGGIORE di Nixon?
E' una situazione pericolosa e critica, e quelli di voi che vogliono cimentarsi in questo delicatissimo sport hanno davanti a sè tre alternative. E io, che sono buono come il panpepato, ve le enuncerò.
La prima: state soli.
Mica muore nessuno a star soli. E si ha un sacco di tempo in più per fare quello che ci piace. Non si deve rendere conto a nessuno di quello che si fa e, cosa assai più importante, non si deve mentire al prossimo, né fingere interesse in attività francamente terrificanti come andare a guardare le vetrine e fare scìopping. Resta il problema dell'accoppiamento, ma se per voi è così fondamentale esistono sempre le "botte e via", mica ci vuole il fisso connubio tutte le volte, eccheccristo.
La seconda: se siete abbastanza abili e dotati, potete imparare le regole del gioco e cercare di vincere. Potete -con un po' di pazienza e di inclinazione- apprendere a manipolare il prossimo, a piacere, a pilotare una relazione dove volete voi. Potete imparare a mentire, scoprire le menzogne, anticipare le crisi, vedere al di là delle falsità. E' una specie di social engeneering applicato al coito. Sembra assurdo, ma vi spaventereste a sapere quante persone adottano questa via e a quante va bene.
Ve lo dico io: lo adottano quasi tutte quelle che non stanno da sole. E riescono a sfangarla esattamente LA META' di loro. Si tratta di un'ottima percentuale: tutto sta nel trovarsi nella metà vincente.
Ma io prefersico ormai la terza via, come la Jugoslavia.
Utilizzare il metodo scientifico.
La prima alternativa che abbiamo affrontato si basa sul rinunciare a dare una risposta alla domanda di partenza: è una posizione agnostica.
La seconda sul truccare i risultati, come con la religione. La Fede nell'Amore imperituro, che anche se non funziona deve funzionare per forza e che se anche non sono innamorato devo esserlo per forza perchè tutti fanno così e io mi sento a disagio e fuori luogo.
La terza, come abbiamo detto, si basa sulla ragione.
E' molto semplice, in effetti: la sensazione di stupidità che ci fa disegnare cuoricini (in reltà sono chiappe, ma sembrerebbe poco romantico) e che ci fa salmodiare imbecillità melense sulle stelle e sui procioni dipende da elevate concentrazioni di un piccolo e fastidioso ormone che si chiama "ossitocina". Questo ormone viene prodotto durante la gravidanza e il coito ed è indispensabile per l'allattamento, utile nel parto e ha pure la peculiarità (almeno così pare) di rimbambirci e di farci credere che sia una buona idea stare insieme anche dopo l'accoppiamento.
Lo so che sembra un'assurdità, ma è proprio così.
L'ossitocina ha un'emivita di 10 minuti. Possiamo dire che questa è la durata della sensazione di infatuazione. Quando l'ossitocina cala, il cervello cerca il modo di produrne di nuova, come un drogato di metanfetamine che si chiude nel garage e inizia a farsi le pasticche da solo.
Questo simpatico ormone viene rilasciato allora, oltre che durante la riproduzione, anche nelle situazioni socialmente ed emotivamente appaganti.
Effusioni, bacini con e senza lingua, paroline dolci (molli pucci, cippa lippa, tesoro, amore, Sachertorte e spinterogeno sono le più gettonate), sfioramenti di zone erogene, sguardi ammiccanti, pacche sulla spalla, vincite in sala corse e sguardi invidiosi dei vicini.
Ora qual'è il punto? Il punto è che in questo modo non siamo mai lucidi. E' come condurre un esperimento da sbronzi. Ovvio che i risultati saranno deludenti. Per questo, alla luce di tutto quanto detto finora, vi dico: se volte intraprendere la terza via dovete avere un grande autocontrollo e quello che si suol dire un cuore di pietra.
Evitate di lanciarvi come bangigiampisti senza elastico nel burrone dell'amore e cercate di indugiare almeno un momento sull'orlo per vedere se si scorge il fondo.
Fate esattamente come se doveste verificare una teoria fisica.
Formulate la vostra ipotesi, tirando a indovinare, come insegnava Feynman. Tipo: con quella persona starei bene.
Poi procedete alla verifica. Frequentate quella persona e sondate il terreno. Dall'esperimento usciranno: dati. Né più né meno: è molto semplice. Alcuni saranno positivi, e convalideranno l'ipotesi, altri non significativi, altri ancora negativi e la falsificheranno.
Ora viene il bello. Tali dati sono MOLTO SEMPLICI da interpretare. Il personaggio che avete accanto si è rivelato un bieco egoista? Oppure una sciacquetta da due soldi? Vi ha tradito, vi ha preso in giro? Oppure semplicemente non è come pensavate, perché all'inizio fingeva?
Non c'è problema. Si tira una riga e si fa una nuova ipotesi.
L'esperimento NON è riuscito. Punto. Non è una tragedia.
Una tragedia è, invece, ignorare i dati perchè SI VUOLE a tutti i costi che l'esperimento riesca. Che la teoria sia valida. Che le cose funzionino.
E' come la teoria delle stringhe. Per me non esiste nulla di più bello ed elegante. E' bellissima, armoniosa, mi piacerebbe tanto se l'universo fosse davvero strutturato così. E per ora posso anche crederci, ma se un giorno dovesse arrivare la smentita ufficiale, se un giorno dovessero uscire dati inconfutabili sull'inesattezza di quella teoria, bè... per quanto bella ed elegante sarebbe sbagliata, e se io continuassi a ritenerla valida sarei un povero cretino, né più né meno.
Quindi, tirando le somme, vi consiglio di essere obiettivi e di dedicare il giusto tempo ad ogni esperimento. Perché non ne abbiamo mica così tanto.
Quando troverete il risultato giusto per la vostra equazione, tenetevelo stretto. Perché probabilmente non ce ne saranno molti altri in giro, credetemi.
Ma se il risultato non è giusto, se i risultati non fanno che confermarvi l'inadeguatezza del cialtrone in questione, se non fate che collezionare eventi che vi infastidiscono, vi fanno stare come cani e non vi soddisfano se non molto marginalmente: lasciate perdere. Appallottolate il foglio, gettatelo in un cestino e via. Vi sarà comunque utile per cercare di non ripetere lo stesso sbaglio, cosa anche questa che pare inevitabile per la maggior parte di noi, purtroppo.
Potete credere a quello che ho detto, o no. La scelta è vostra. Vi viene offerta la possibilità di migliorare la vostra vita. Sta a voi afferrarla o continuare a battere la testa sul vetro come i mosconi.
E se la vostra obiezione dev'essere: "con lui (lei) sto male ma lo (la) amo!", ricordatevi delle parole del Mascetti al povero Melandri.
"Queste sono cose secondarie! Senza nessuna importanza!"
E hanno un'emivita di 10 minuti.
venerdì 3 agosto 2012
Wellness, fitness, selfishness
"Dum loquimur, fugerit invida
aetas..."
Io ho. Io sono. Io faccio.
Io so.
Questa è la grande critica che m'è
mossa. Io sono. Io faccio. Io so.
Ovvero l'essere egocentrico,
completamente concentrato su me stesso per quanto riguarda sia quello
che faccio che quello che dico. Non appena una calamità sconvolge il
globo il mio primo pensiero è: la cosa tange un qualche mio
interesse diretto? Se non è così: me ne disinteresso subito. C'è
un problema con qualche mio conoscente? Il punto è come la vedo io e
come mi sento, degli altri me ne frego. Devo scrivere qualcosa?
Parlerò di me.
Sono un mostro, egoista più del Re
degli scacchi: io faccio, io so.
Amo, come Lucrezio, guardare i bagnanti
affogare. Mi divertono le disgrazie altrui, specie se questo altrui
mi sta anche un po' sulle palle. E di solito è sempre per motivi
personali. La mia etica è molto semplice: non fare a me eccetera
eccetera. Semplice. Efficace.
Io so.
Sono davvero così, alla fine?
Magari sì, ma non lo siamo tutti?
Per lo meno io non mi affanno a dire
che non è vero, che penso agli altri, che sono un altruista. Che la
sorte del mio fratello mi addolora e che cerco sempre di rispettare
le persone. Per lo meno non sono ipocrita. Io questo lo so.
Sono tante le cose che so e che tengo
per me, qualcuna potrebbe pure essere utile, ma dubito che la
maggioranza di voi ci capirebbe qualcosa. Altre semplicemente non
sono interessanti. Per esempio: mi piace molto quel lieve odore di
bruciaticcio che si sprigiona dalla tempestiva ossidazione del succo
d'ananas.
Questa è una notizia che si può
tranquillamente catalogare sotto a: curiosità inutili sull'autore.
Se poi un giorno diventerò famoso la inserirò nella mia biografia,
ma fino ad allora non interessa a nessuno.
Io so.
Un'altra cosa che so soltanto io è
quello che penso della gente. In particolar modo di quella che
conosco. In particolar modo di quella che -in un modo o nell'altro-
mi ha causato danni.
Vedo passare un uomo che mi ha deriso,
anni fa. Oppure qualcuno che mi ha mancato di rispetto. O che mi ha
offeso o danneggiato, sentendosi pure più furbo del sottoscritto.
Ed
io sto lì in silenzio ad aspettare
che una pioggia di fuoco lo incenerisca, e nel frattempo mi prodigo
invano
perchè le cose gli vadano in merda. Metto ogni studio nel
complicargli l'esistenza: vorrei far macumbe con le bamboline voodoo,
rigargli la vettura e distruggere le sue relazioni. Guardare in
silenzio, dal
mio angolo di vantaggio, le rovine fumanti di Cartagine e spargere anche
il sale sui poveri resti. Ma sono cose che mi terrò dentro, un abbozzo
di Dantes che vorrebbe ma non fa, che gradirebbe prendere a cazzotti nel
fegato il marrano che nel '92 gli fregò i soldi della merenda e gridare
un poderoso "O BECCOOO!!!" all'indirizzo del bischero che faceva tanto
il tracotante, sfoggiando cresta e bargigli nell'illusione d'essere più
furbo di lui.
Resteranno, queste, cose che so io.
Come quando ripenso a tutte le persone
che mi hanno mentito.
Certo, tutti noi mentiamo. Anch'io l'ho
fatto. A volte in maniera innocente, a volte meno, a volte con
difficoltà, a volte in maniera spudorata. Ed ho mentito a familiari,
amici e ragazze.
Non so se mi hanno mai scoperto, a
volte sì a volte no, credo.
Questo vale pure per me. Ci sono
persone che mi hanno mentito in continuazione e altre che l'hanno
fatto di rado. E qualche volta me ne sono accorto.
E tutte le volte che ho saputo, che i
miei sospetti hanno ricevuto conferma, che mi sono reso conto: ho
taciuto. E non sto parlando delle centinaia di volte in cui mi sono
accorto che mentivate a voi stessi, che è anche peggio. Da buon
egoista: parlo di me.
Quindi non rallegratevi nel pensiero
che non abbia mai contestato le vostre banali falsità. Non vuol dire
che mi abbiate fatto fesso. Magari ho solo fatto finta di credervi, per qualche motivo.
Forse perchè erano bugie innocenti, perchè
non volevo discutere per cose di poco conto, perchè non mi
riguardavano o perchè magari avevo scoperto la verità con metodi
non proprio ortodossi come il ricatto e lo spionaggio, oppure perchè
in fin dei conti faceva più male a me ammetterlo che a voi
sentirvelo dire.
Ergo, ho fatto finta di nulla, pur
sapendo che quella volta, su quella data, su quella persona, su
quell'evento: mi avete mentito.
Ma lo so soltanto io, ed è come prima.
E' più normale.
E' giusto, è giusto, è giusto.
Che io vada.
Io so.
E non sono diverso da voi in fin dei
conti.
J'accuse: voi siete esattamente come me.
Avanti, chi si fida veramente del prossimo alzi la
mano...
Degli altri, diciamoci la verità, non ce ne frega un cazzo
nulla. Ai nostri nemici tireremmo volentieri una coltellata, se non
ci fosse il codice penale ad impedircelo. Dei sentimenti altrui ce ne
sbattiamo allegramente: mica ci riguardano. Ognun per sé e nessuno
per tutti. Come se la vita fosse un lunghissimo naufragio, la nave
affonda e ci mette anni, e noi passiamo il tempo a rubarci l'un
l'altro il salvagente.
Tutti noi siamo dei bastardi egoisti ed
egocentrici, e pensiamo soltanto a noi e alla soddisfazione dei
nostri capricci.
Certo, c'è anche chi non ha idea di
quali siano le proprie necessità, e allora annaspa come una focena
sulla battigia, ma che ci volete fare?
Io da parte mia lo so, di essere un
bastardo egoista.
Vorrei che tutti quelli che mi stanno
sull'anima, a torto o a ragione, morissero male, per usare una
citazione.
Vorrei poter cogliere i frutti della
mia vendetta, e vorrei potermi vendicare sul serio e non solo sulla
carta: essere davvero per una volta il canaglione infallibile che
racconto di essere.
Vorrei che tutti quelli che mi hanno
mentito ricevessero dal prossimo la stessa moneta, e invece le cose
gli vanno sempre bene, più sono meschini e più gli va bene.
E vorrei che le cose andassero sempre bene per me, sempre nel modo in cui voglio io, a prescindere dagli altrui desideri.
Ma soprattutto, vorrei che tutti voi la
smetteste di essere superficiali.
Non vorrei più leggere stupide
storpiature di Orazio.
Carpe diem, tutti si sciacquano la
bocca con questo "carpe diem", credendo sia un invito alla
crapula edonista, a fare quello che ci pare senza pensare, a cogliere
tutte le occasioni. Mangia tutto, bevi tutto, esagera, scopati tutte
quelle che passano, rotolati nel fango del crasso consumismo.
Fate venire l'onco a un povero poeta
latino ormai morto.
Ma tutto deve servire da
giustificazione, no? I classici latini, la crisi, la cattiveria
umana, la brevità della vita, bisogna sempre avere una scusa buona.
Per smettere di farsi
domande, di preoccuparsi del futuro e per vivere come i pesci rossi.
O come i ricci, che ogni volta che si svegliano dal letargo si
scordano cos'hanno fatto prima dell'inverno.
Ecco: io so.
Io so che, per quanto sia difficile,
non voglio vivere così. Non voglio rinunciare al mio egoismo, alla
cattiveria, alla misantropia. Si affoghino pure gli altri: Spugna
sono io, e a Spugna ci penso da me.
Ma lo voglio fare con precisa
coscienza.
Essere egocentrici è una cosa seria, e
presuppone anche di accettare di star male, di avere sani sensi di
colpa e di chiedersi, di tanto in tanto, cos'è che si vuol fare.
Presuppone una cattiveria non cieca, ma
capace di grandi vette di comprensione.
Di essere infinitamente gentili con chi
è importante e infinitamente cattivi con tutto il resto del mondo.
Presuppone di tormentarsi, di farsi domande, di attendere risposte
che magari non arriveranno mai.
Il dubbio, le domande, la tensione
Wildiana che speriamo che duri, quei pensieri che vi tengono svegli
la notte e che dipingono nel vostro volto quell'espressione arcigna,
mai allegra, che il Cesare di Shakespeare temeva tanto, sono le cose
che vi rendono quello che siete e che giustificano almeno in parte il
vostro egoismo agli occhi dell'universo.
Se non ve la sentite, potete scegliere
di fare finta, ma sarà meno dignitoso.
Ridere, raccontarvi che state bene,
disinteressarvi del prossimo e dell'umano consesso con leggerezza, ed
abbracciare la faciloneria. Passare dalla parte di quelle oche
giulive che dividono il mondo in persone noiose e in persone
divertenti e scelgono di accompagnarsi con quest'ultime. Che importa
poi se son vuote e garrule come gavettoni d'idrogeno, tanto vi
preoccuperete solo di cose facili: dove andare a mangiare, che scarpe
mettervi, quando accoppiarvi. Vivrete una bella vita senza problemi,
perpetrandola alla giornata.
Ma sarà anche questa una vita da egoisti.
E capita poi che qualcuno si ritrovi, dopo una vita così, a piangere sul cuscino quando la notte non lo vede nessuno.
Perchè le cosine che avete dentro e vi
danno il tormento non vengono da fuori e fuori non torneranno: le
nutrirete e cresceranno grandi e forti, anche più di voi.
Ma questo lo saprete soltanto voi,
nell'intimità del vostro giaciglio, per gli anni a venire.
E il vostro analista.
E forse lo saprò anch'io.
Perchè io sono, io ho, io faccio. Io
so.
Iscriviti a:
Post (Atom)